La grande crisi dell’Europa impone, a tutti gli Stati, pesanti programmi di riduzione della spesa sociale. In seguito all’arretramento del settore pubblico, oggi assistiamo al recupero del mutuo soccorso e del volontariato, premesse dello stato sociale nei Paesi occidentali.
Si sono attivate reti di solidarietà territoriali per il benessere sociale che integrano quelle tradizionali.
Si sperimenta l’autorganizzazione, facendo ricorso al mutuo soccorso, tenendo conto delle specifiche tendenze demografiche e della crisi economica. Ma le istituzioni tendono a riproporre ancora il vecchio modello, ignorando le esigenze dell’oggi.
Così i cittadini sperimenteranno forme alternative di beni e servizi come i gruppi di acquisto, gli asili occupati, le scuole popolari, l’auto-formazione, gli ambulatori auto-gestiti, e ancora, le banche del tempo, le esperienze di co-working.
Sono i cittadini i protagonisti dell’innovazione economica e sociale. Ma l’associazionismo saprà evolversi e costruire una solida rete di protezione e condivisione?
Se è vero che queste esperienze di autogestione si sono rivelate per molti aspetti fallimentari, è indubbio che le altisonanti proposte dalla politica non sono ancora riuscite a tradursi in concreti programmi.
La vera sfida oggi sta nel ripensare al contratto fra individuo, famiglia, società civile e Stato, a partire da un accesso più facile ai beni welfare per il benessere sociale.
In situazioni di crisi come quella attuale, la coesione e la fiducia tra i cittadini rende la comunità più forte e la società in grado di rispondere bene agli urti del cambiamento.
La crisi attuale ha il merito di aver creato nuovi valori etici che magari potranno contagiare l’economia e la politica.
di Federica Gogosi