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Forse la verità sui retroscena del caso Concordia nel processo d’appello

Parti e contro parti in attività per dimostrare le proprie tesi ai fini risarcitori

Alberto Zei by Alberto Zei
6 Agosto 2015
in Senza categoria
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Forse la verità sui retroscena del caso Concordia nel processo d’appello
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***REUTERS PICTURE HIGHLIGHT***Al nostro giornale interessa solo la verità oggettiva dei fatti, prendendo in considerazione però, anche  quelli che per volontà altrui, come l’ evacuazione della nave  in mare aperto, avrebbero potuto far assumere al naufragio, dimensioni catastrofiche.

Il ritorno della Concordia al porto del Giglio è stato caratterizzato da un completo break out   che ha coinvolto l’intera struttura della nave prima, e i sistemi di emergenza dopo. La situazione pur certamente  grave a bordo, determinata dal lungo squarcio sulla carena si è rapidamente trasformata in una catastrofe sproporzionata rispetto alla  gravità della collisione che è  paradossalmente culminata in tragedia, proprio quando la nave era già arrivata a toccare terra. Nulla funzionava in quella tragica notte. Tutto è stato esageratamente esorbitante rispetto alle  aspettative tecniche dei danni che subentravano a  cascata, come per un effetto domino.

 

Grandi dotazioni di mezzi. La Concordia, una  delle navi da crociera più rassicuranti per i sistemi di sicurezza  ad ogni suo ponte e per tutti i confort di bordo esistenti,  diviene essa stessa un macabro  luogo di sfacelo  al momento del bisogno; situazione questa  imputabile ad una serie di guasti nei  sistemi di emergenza in diabolica progressione. I servizi di confort e di automatismo che dovevano subentrare in presenza di possibili carenze tecniche di bordo, non certo esclusa quella di cui trattasi, sono colpevolmente venuti meno trasformando in una  manciata di secondi dopo la collisione, una delle più prestigiose navi da crociera del mondo in uno zatterone ingovernabile e in condizioni progressivamente precarie circa il  rischio di affondamento.  Questo è avvenuto proprio per la paralisi di tutti i sistemi di emergenza che si trovano sulla nave. Ogni cosa è andata  in malora in  pochi secondi  dopo la  collisione, ad iniziare dal sistema di governo della nave che ha bloccato irrimediabilmente i timoni senza più altra     possibilità di controllo della navigazione. I timoni infatti,   sono rimasti immobilizzati  per             mancanza di energia elettrica che doveva essere erogata dal generatore di emergenza.              Andando questo in tilt  per l’eccessivo carico di tutti gli utilizzatori ad esso connessi e contemporaneamente attivati per le necessità della situazione,  ha avuto origine la spirale perversa degli eventi che hanno caratterizzato  il tempo del naufragio,  a non più di due chilometri   dalla costa dell’ isola.

 

salvataggio notturno
Emblematico salvataggio notturno dei passeggeri


L’ effetto domino. 
L’impatto sulla secca, per quanto riguarda l’ingovernabilità dei timoni, non aveva alcuna diretta influenza; tuttavia questi sono rimasti bloccati  durante il naufragio  per la imperdonabile mancanza di  energia elettrica. I membri di equipaggio constatato che tutti i dispositivi di sicurezza erano  fuori uso  in modo irreversibile, dopo i primi accertamenti sullo stato delle cose, si aggiravano ancora sulla nave un po’ allo  sbando, aggravato dalla crescente condizione di panico dei passeggeri  per tutto  il resto che è progressivamente avvenuto. Di fronte a tanta mala sorte, solo un  aspetto del destino  è  apparso benigno. La Concordia dopo la collisione si era allargata dalla costa non più di due chilometri. Il   forte vento di grecale di  quella notte   al  termine del residuo abbrivio della nave, la spingeva indietro  sulla costa del Giglio,  proprio nella direzione del porto. L’ aiuto, fortuito quanto si vuole,  era infatti, il vento di circa 15 chilometri all’ ora  che adesso senza più il contrasto della propulsione, premeva sulla enorme superficie emergente della nave verso la direzione del porto. Era come se quel grande  zatterone privo di governo avesse issato una’ gigantesca vela di  circa 12 mila metri quadri,  che per dare l’ idea, corrisponde grosso modo alla  superficie di  un campo di calcio.

 

Qualcosa di positivo. Il  destino favorevole della Concordia in  questa nuova e insperata circostanza era quello di essere trasportata dal vento proprio in direzione del porto ad una velocità di oltre 2/ km l’ora.  Mentre ciò avveniva,  Schettino che evidentemente ben si rendeva conto che il trasbordo in quella notte d’inverno, di oltre  4.000  persone  sulle scialuppe di salvataggio, in condizione di scarsa visibilità avrebbe statisticamente comportato un elevato  numero di vittime tra gli stessi passeggeri e l’equipaggio, tra le quali le più probabili sarebbero state i disabili, i bambini, le donne, specie  quelle incinta, gli anziani  ma anche gli altri. Cosa avrebbe dovuto fare Schettino che da una parte era pressato da alcuni dei suoi  Ufficiali  che lo sollecitavano  a dare l’abbandono nave  già ancor prima di aver  riferito a lui sul progressivo cedimento dell’intero sistema di emergenza e soprattutto sulla irreversibilità dei danni subiti e, dall’ altra, da chi  a terra, rinviava la decisione, chiedendo   sempre più informazioni allo stesso Schettino  che  non le conosceva.   Certamente  avrebbe dovuto fare una scelta ma la valutazione della costa del Giglio che  sempre più si avvicinava,  imponeva anche la più saggia decisione di capire in quanto tempo  in quelle disperate circostanze la Concordia avrebbe raggiunto  l’ isola se non addirittura il porto, in linea di avvicinamento senza altro intervento.

 

La decisione del Comandante. Se la nave avesse  gettato le ancore per bloccare o rallentare  la spinta del vento, come molti sostengono, questa  si sarebbe rovesciata ugualmente alla stessa ora,  ma con moltissima più gente a bordo. La parziale rotazione della Concordia interrotta poi dalla scogliera sulle coste del Giglio, sarebbe stata completa se fosse avvenuta in acqua più profonda. Quando infatti, le navi  si inclinano in mare aperto imbarcando acqua, queste finiscono per sottosopra, con la chiglia in alto,  senza lasciare assolutamente più scampo ai malcapitati intrappolati a bordo. Quante vittime allora vi  sarebbero state  tra passeggeri  e  equipaggio? Quando però la Concordia arriva   praticamente davanti al porto, come si ricorderà, le  scialuppe di salvataggio potevano ritornare indietro  facendo  continuamente  la spola per raccogliere ancora coloro che scendevano ininterrottamente dalla fiancata della nave con le  biscagline (scale di corda). Quanti mezzi  di salvataggio si potevano calare invece, in mare aperto in quella condizione di sbandamento e quante persone  avrebbero potuto trasportare le singole scialuppe di bordo? Si potrebbe insistere ancora sulle condizioni sfavorevoli,  citando  la serie degli inconvenienti e degli impedimenti che avrebbero ostacolato l’evacuazione della Concordia in mare aperto.   Ma non occorre indugiare per dire che la decisione di lasciare andare la nave  fino sotto costa ha causato solo le vittime del rovesciamento sul fianco quando la nave era già da tempo arrivata. Viene raccapriccio pensare quante altre vittime vi  sarebbero state se l’evacuazione  fosse avvenuta  in alto mare.    Alberto Zei

Alberto Zei

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