In una fase della nostra storia in cui, purtroppo, è ripresa l’emigrazione dall’estero (dal 2007-’08, per effetto sia della crisi mondiale che di politiche governative incapaci di dar veramente impulso all’occupazione: 82.000 emigrati solo nel 2014, secondo l’ ISTAT, e verso le mete di sempre, Inghilterra, Germania, Svizzera, Francia, USA) giunge appropriato questo saggio di Paola Culicelli. Ricercatrice dell’ Università Roma 3, già autrice di studi su Montale, D’Annunzio e altri grandi della nostra letteratura: che ha affrontato il tema dell’emigrazione storica italiana negli USA dal punto di vista delle donne (“Mal d’America- Scrittrici italiane dell’emigrazione“, Firenze Le Lettere, 2015, pp. 176, €. 18,00). Ma di quali donne? Quelle poche scrittrici che, “da Penelope”, cioè restando a casa, in Italia, mentre gli uomini/Ulisse emigravano, in quei decenni hanno scritto romanzi o racconti centrati appunto sul dramma del “Passaporto rosso” ( titolo del celebre film di Guido Brignone del ’35, sull ‘emigrazione italiana in Argentina).
Tra il 1861
e il 1971 (ma l’emigrazione “storica” sarebbe durata ancora sino ai primissimi anni ’80), con la quasi totale eccezione del periodo fascista ( quando un’attenta politica interventista in economia, sostanzialmente keynesiana, permise d’ eliminare quasi questa piaga), quasi 30 milioni di italiani lasciarono la patria, diretti soprattutto nelle Americhe, in Australia e in Europa nordoccidentale. Un tema, se non ignorato, quasi sempre trascurato- rileva l’ Autrice – dalla storiografia ufficiale, fattasi condizionare dalla triplice “damnatio memoriae” che aveva colpito gli emigranti ( traditori della patria, per i nazionalisti; della lotta di classe, per le sinistre; e della fede, per i cattolici): E sul piano della letteratura, se non son mancati accenni al tema in alcune grandi opere ( dai “Malavoglia” a “Fontamara” e “Vino e pane”), l’ Emigrazione italiana non ha certo avuto né un suo Verga, né un suo Silone.
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Un vuoto, questo, che, ricorda l’ Autrice, han cercato di colmare, per l’emigrazione italiana negli Stati Uniti, scrittrici come la palermitana Maria Messina (1887-1944), rimasta a lungo in contatto con Giovanni Verga, autrice di romanzi come “La casa nel vicolo” e novelle come “La Merica”, popolati di donne succubi dei propri uomini, che protestano con il cupo silenzio della loro vita quotidiana; e la molisana Lina Pietravalle (1887- 1956), collaboratrice anche di quotidiani come “Il Mattino” di Napoli, seconda al premio Viareggio del 1931 con la raccolta di novelle “Storie di paese”. Sino alla veneta Paola Bianchetti Drigo (1876-1938), autrice del romanzo “Maria Zef” (1936, ripubblicato nel 2011), portato sullo schermo nel 1981 per la RAI da Vittorio Cottafavi; e a scrittrici, invece, italo-americane, rappresentative della piu’ tarda emigrazione femminile italiana ( che, ancora negli anni 1882-1890, rappresentava solo il 21% circa del totale).Come Suor Blandina, al secolo Rosa Maria Segale , emigrata negli USA all’età di quattro anni nel 1850, poi autrice d’un brillante reportage sulla Frontiera e impegnata nell’evangelizzazione e in opere missionarie presso i pellerossa. Ed Helen Barolini (1925, vivente), nata in USA da genitori italiani e autrice, nel 1979, di quel romanzo, “Umbertina”, ispirato alla figura della nonna calabrese e del suo personale viaggio di riscoperta delle proprie radici, una saga familiare le cui atmosfere ricordano, a volte, quelle del celebre “Sguardo dal ponte” di Arthur Miller.
Una direzione di ricerca, questa intrapresa da Paola Culicelli, che ci auguriamo prosegua, esplorando in pieno l’universo sociale e culturale dell’emigrazione italiana: sulla quale, per quanto riguarda poi aree come l’ Australia o l’ Africa, mancano quasi del tutto contributi.
di Fabrizio Federici