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Le nuove rivelazioni sulle decisioni di Schettino dopo la collisione

Le notizie che stanno emergendo in vista del ricorso in appello per il caso Concordia, inducono a rivedere quelle circostanze che si sono concluse con incagliamento della nave sulla costa del Giglio e che durante il processo di primo grado hanno costituito il caposaldo delle accuse e della condanna inflitta al Comandante Schettino

Alberto Zei by Alberto Zei
8 Febbraio 2016
in Senza categoria
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Le nuove rivelazioni sulle decisioni di Schettino dopo la collisione
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  .di Alberto Zei

Tra accuse e meriti  – Nell’ imminenza del processo di secondo grado contro Schettino, si ritiene importante prendere in considerazione “pro veritate”, ciò che avvenne dopo l’ impatto sullo scoglio, in quanto 10 anni di questa pena riguardano proprio il dopo collisione, quando la nave colpevolmente priva dei dispositivi di emergenza andati irrimediabilmente fuori uso, si è trasformata  in un enorme zatterone senza alcuna possibilità di controllo.

La Concordia a seguito dell’ urto sugli scogli della costa si diresse per inerzia residua, verso il largo dell’isola con i timoni bloccati, finché la forza contraria del vento prevalse iniziando a riportarla verso il porto.

Dopo la collisione e le prime verifiche a bordo dei danni subiti, la situazione appariva tragica in quanto inaspettatamente tutti i sistemi di emergenza della nave erano andati completamente in tilt. Nulla più funzionava in una delle più prestigiose navi da crociera del mondo: ogni comando, ogni ausilio a questa emergenza risultava fuori uso.

Concordia 1

 

 

 

Come avviene in tutte le circostanze del genere quando il pericolo temuto si trasforma in panico, lo stato d’animo che domina ogni azione prende il sopravvento. Questo accadeva innanzitutto tra i passeggeri ma anche se in minor misura, rea l’equipaggio che rincorreva la speranza durante le verifiche delle possibili avarie che almeno qualcosa dei dispositivi di emergenza funzionasse ancora; ma niente di tutto questo. Le notizie frammentarie che arrivavano al Comandante Schettino dall’ equipaggio erano come quelle di un bollettino di guerra. La progressiva certezza di quanto stava accadendo è che l’assetto di navigazione era in crescente sbandamento e il peggioramento della situazione veniva poi confermato con la definitiva notizia che il gruppo elettrogeno di emergenza, dopo diversi tentativi di attivazione era andato definitivamente fuori uso.

In quelle condizioni ambientali, con la scarsa illuminazione alimentata solo dalle batterie di bordo, tra l’ incertezza, la agitazione e la paura di oltre 4.200 persone, l’ evacuazione della Concordia in mare aperto   sarebbe stato il classico rimedio ben peggiore dello stesso male; a complicare le cose vi era   anche l’ incapacità di una certa parte dell’ equipaggio di rispondere in modo adeguato alle esigenze di un ordinato abbandono nave.  

 

Temeraria evacuazione

In che modo quindi, e in quanto tempo, si sarebbe protratto sotto le raffiche del freddo vento di grecale a circa 30 km l’ora in quella notte d’inferno, un trasbordo in queste condizioni? Se Schettino non si è pronunciato sulla evacuazione, ciò non significa che il Comandante della Concordia non sapesse cosa fare. Infatti, il rinvio dell’abbandono nave al tempo e a distanza opportuna da terra, è stata la più importante e responsabile delle decisioni che egli abbia adottato in quella circostanza

Ritenere infatti, il Comandante Schettino responsabile della morte di 32 passeggeri per aver ritardato l’abbandono della Concordia, non prova altro che il pregiudizio di colpevolezza attribuita e mantenuta sullo stesso Schettino; quando invece, il rinvio dell’ evacuazione è stato il risultato del   calcolo del pro e del contro tra il tempo trascorso dopo la collisione e la rimanente distanza dalla costa, al fine di   ottimizzare il giusto compromesso, a tutela dei passeggeri e dell’ equipaggio.

 

Lo scampato capovolgimento nave

Non va   dimenticato che la Concordia, priva del governo dei timoni e di ogni possibile mezzo di emergenza da usare a bordo, dopo aver esaurito l’ inerzia del suo avanzamento verso il largo per il contrasto delle raffiche del grecale, era entrata nel letto del vento che ora la spingeva verso terra a quasi 3 km l’ora. Questa infatti, offriva al vento la enorme superficie “velica” di circa 15.000 metri quadri, equivalenti per rendere l’ idea, ad un campo di calcio. La spinta del vento avrebbe sicuramente trasportato in alcune decine di minuti, come in effetti è avvenuto, la nave proprio davanti al porto del Giglio.

La necessità delle verifiche preliminari e indispensabili per conoscere lo stato dei danni subiti dalla collisione avevano fino allora impedito l’estrema risoluzione dell’abbandono nave a causa del progressivo riscontro delle avarie ai sistemi di emergenza. L’ultima ratio, sarebbe stata infatti, evacuare la Concordia facendo calare in mare in piena notte, le scialuppe che però erano prive dei sistemi elettrici di rotazione dei bracci e del relativo ammaino. Operare manualmente i dispositivi con le scialuppe colme di passeggeri in preda all’agitazione, per non dire al panico, con la nave al buio e in movimento trasversale (situazione non consentita per il trasbordo) non sarebbe stata, una operazione priva di rischi in mare aperto.

D’ altra parte, per ammainare le scialuppe da fermo, dovevano essere gettate le ancore ma questa decisione avrebbe   condannato la Concordia all’ affondamento in quello stesso luogo per l’ impossibilità in seguito di salparle senza energia elettrica.; a parte poi il terribile inquinamento che sarebbe derivato   tra sostanze alimentari e l’ enorme quantità di nafta contenuta dai serbatoi della nave. Questa infatti,  con una “via d’ acqua” a poppa e in crescente sbandamento su di un fianco, lasciava presagire, se fosse rimasta sul posto, il suo capovolgimento con i passeggeri ancora a bordo, da far impallidire la tragedia del Titanic.

Va anche posta nella giusta evidenza che la statistica di evacuazioni di emergenza di masse di persone anche di minor numero di quelle trasportate dalla Concordia, è molto severa a fronte delle vittime specialmente tra donne, bambini, anziani e inabili, oltre naturalmente tra tutti gli altri.

 

La decisione più sofferta

Schettino aveva ben valutato questa circostanza e non aveva conseguentemente dato ordini di lasciare   la nave prima di arrivare in prossimità della costa, dove oltre alla vicinanza anche l’affluenza delle imbarcazioni di soccorso avrebbero reso il trasbordo molto più rapido e sicuro.

Il Comandante però, come detto, doveva prendere una decisione coerente in quanto anche un solo cambiamento di direttive in quelle circostanze di incertezza, avrebbe molto peggiorato quella pur grave situazione che si era ormai delineata.

Le altalenanti esitazioni da parte dell’equipaggio per ottenere da Schettino una sua indicazione sul da farsi mentre la Concordia andava alla deriva, non portava alcun risultato diverso da quello di rinviare a dopo, l’ ordine di evacuazione nave.

Viene ripetuto anche negli atti del processo che Schettino non rispondeva se non con insignificanti monosillabi a chi chiedeva se si doveva o meno evacuare la nave. E’ stato ritenuto pertanto, che in questi momenti il Comandante fosse rimasto come inebetito dal disastro e non avesse altra preoccupazione che scrutare l’orizzonte e telefonare per consultarsi con l’unità di crisi della Società Costa.

 

Tanto meglio tanto peggio

A Grosseto, durante il processo di primo grado, la parte accusatoria si è prodigata per mettere in evidenza tale comportamento fino a redigere una sorta di programma temporale che evidenzierebbe con quale tempestività e quanta rapidità potevano essere imbarcate sulle scialuppe (ma in quali condizioni?) oltre 4.200 persone con tutte le problematiche della maggioranza di loro.

Concordia 2

 

 

Valutando però nel giusto modo questa semplificazione, va anche ricordato a chi dovrebbe sapere, che quando una nave si inabissa per una falla come la Concordia, prima affonda la parte emergente dello scafo poppiero fino a quando il livello del mare arriva al primo ponte. A questo punto l’ acqua dilaga al interno del fianco come attraverso una nuova falla, pari alla stessa lunghezza del ponte. In pochissimi minuti lo scafo aumenta l’ inclinazione fino a ribaltarsi sotto sopra   intrappolando tutti quanti ancora a bordo.

Ma quante mai sarebbero state le vittime se l’ evacuazione fosse stata fatta in queste condizioni?

 

La decisione del Comandante

Nel caso voluto da Schettino invece, la Concordia arrivata fin sulla costa, si incaglia poggiando la carena sul basso fondo. Per questo motivo l’ acqua che entra dalla falla non può far scendere il livello del galleggiamento perché le rocce su cui è poggiata glielo impediscono. La Concordia quindi, non può più affondare; può solo inclinarsi lentamente. Quando il livello del mare raggiunge il primo ponte, l’ acqua pur allagando il corridoio non può dilagare al suo interno in quanto la pavimentazione inclinata verso l’ alto chiude la via d’ acqua, come si trattasse di un ‘ altra paratia.

Questo avviene fino a che l’ aumento di inclinazione nave, dopo aver sommerso i primi ponti, supera il punto di equilibrio del galleggiamento.

La nave inizia allora, una rapida rotazione sul fianco ma non può   capovolgersi perché da quel lato vi è la scogliera su cui, si adagia restando per circa due terzi, sopra il livello del mare. Dalla parte opposta l’ evacuazione degli ultimi passeggeri può ora   proseguire a tempo indeterminato.

 

La conoscenza del mare

Ma se il trasbordo fosse avvenuto in mare aperto, con le tre scialuppe bloccate a bordo (ben prima della eccessiva inclinazione della nave), quante sarebbero state le persone alla ricerca di imbarcarsi con la disperazione dello spirito di sopravvivenza di chi non intendeva attendere, come accadde sul Titanic?

Non solo, ma come si è visto nei filmati in TV, quando la Concordia dopo essere arrivata a costa si era alla fine adagiata sulla scogliera che aveva impedito il ribaltamento, dalla parte opposta si era formata sulla nave, una lunga fila di persone   che non potendo prendere posto sulle lance bloccate a bordo, si calavano precariamente dalla murata.    La gran parte di coloro che nella stasi naturale dell’ inverno prediligono il confort della crociera non sono l’ espressione di un esuberante gioventù ma piuttosto persone tranquille, anziane e per niente inclini agli sforzi fisici e a calarsi di notte con le raffiche di sopra vento, dalle corde della biscaglina Tanto che se la nave, non fosse stata sufficientemente inclinata come si osserva dalla foto, quelle stesse persone che per un tratto si vede camminare diritte sul fianco nave quasi orizzontale, sarebbero state costrette ad una discesa verticale di circa 20 metri. Poche di loro però, avrebbero resistito senza cadere le une sulle altre e poi insieme a grappolo, sulle sottostanti scialuppe, oppure in acqua.

 

 Conc. 3

L’ unica condizione favorevole

Non rientra nello spirito di questo articolo calcolare quanto tempo la scogliera abbia ritardato il rovesciamento rispetto alle stesse condizioni in mare aperto. Ma il risultato collettivo meritevole della giusta considerazione non è soltanto quello della fatalità delle 32 vittime a riva del Giglio, ma dovrebbe essere anche quello delle centinaia e centinaia tra coloro che si sarebbero inabissati con l’ anticipato ribaltamento in mare aperto della Concordia da far impallidire la tragedia del Titanic.

Le considerazioni sul ritardo dell’ evacuazione nave non sono di poco conto in quanto      l’ accusa a Schettino e la relativa condanna per le vittime del naufragio a 10 anni di reclusione, si sono basate proprio su questo “ritardo”, dettato invece dalla giusta decisione di porre passeggeri, equipaggio e l’ intera nave in condizione di non naufragare.

E’ vero invece, che il Comandante non prendeva alcuna iniziativa; è anche più semplice dire che non faceva niente, niente però, di diverso dall’ osservare e valutare la situazione nel suo divenire durante il naufragio. Mentre il vento trasportava la Concordia esattamente nella direzione del porto del Giglio ad una velocità abbastanza sensibile, Schettino faceva ragionevolmente tesoro della situazione e profittava dell’unica disperata condizione favorevole in quella notte di lasciar trasportare quell’enorme zatterone da    114 mila tonnellate verso costa, con una rapidità di percorrenza forse anche superiore a quella di un improbabile traino.

Tutto questo la gente si aspetta di conoscere nel processo di appello, proprio in nome di quella verità che tutti si auspicano ma che poi viene ritenuta neppure meritevole di essere invocata da chi   antepone il pregiudizio di colpevolezza sull’ unico capro espiatorio di un delitto altrui.

 

 

 

 

 

 

Alberto Zei

Alberto Zei

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