In scena dal 16 al 21 febbraio al Teatro Trastevere di Roma, Bruno Governale porta in scena una commedia tutta al femminile, a partire dall’autrice. Il senso di colpa è scritto da Federica Colucci e vedrà esibirsi sul palco, insieme all’autrice, altre quattro donne: Roberta Misticone, Cristiana Mecozzi, Francesca Nobili, Elisa Panfili.
Le cinque giovani donne sono protagoniste di un incubo che si svolge dentro una cella della prigione femminile di Londra ai giorni nostri. Sono personaggi dal carattere deciso ma dalla mente debole e stravolta. L’accusa che le ha portate in carcere è quella di aver compiuto innumerevoli omicidi, omicidi brutali, alcuni compiuti con una ferocia inaudita. Allora come mai nelle menti delle donne non vi è traccia di tutto ciò? Nessuna di loro ricorda di aver compiuto in nessun modo le terribili violenze di cui sono accusate, tutte loro vivono la prigionia come un’incomprensibile ingiustizia. Cosa ci fanno lì?
E’ dunque una vera e propria colpa la loro o solo un senso di colpa? Sono lì per qualcosa che hanno commesso ed in seguito rimosso, oppure sono prigioniere di qualcosa che va ben oltre le fisiche sbarre dei una prigione, qualcosa di intangibile e terribile al tempo stesso? Sfibrate dalla durezza del carcere e dai brutali rapporti fra di loro, accompagnate dall’unico sollievo di una vecchia radio, tutte le detenute rilasceranno dichiarazioni definitive e scottanti sui fatti che le riguardano, guidando lo spettatore attraverso la loro mente “malata”. Potrà il loro senso di colpa punirle più di una colpa vera e propria? E quale sarà la degna punizione per ognuna di esse? Il pubblico le seguirà nel loro percorso interiore, caratterizzato da un linguaggio forte e da atmosfere bollenti, assistendo alla loro vulnerabilità generata da problemi sessuali, di droga, familiari e molto altro ancora. Le attrici sul palco danno dimostrazione di una immersione totale nei loro personaggi, nelle dinamiche delineate dall’autrice, creano un legame, molti legami, fra di loro e con il pubblico, che non riesce a distaccarsi neanche un momento dalla scena, da ciò che accade sul palco, preso e attratto inesorabilmente dal vortice emotivo che vi viene rappresentato. Il lavoro che c’è stato per la costruzione di quello che poi è stato messo in scena è invisibile ma tangibile al tempo stesso, un lavoro fatto di immedesimazione di maschere difficili da scrollarsi di dosso. La regia è esemplare nel dirigere queste cinque anime, queste cinque menti pericolose – in molti sensi – in una danza magica e terribile, un continuo crescere della tensione che, fino all’ultimo, non si riesce a comprendere come si possa risolvere.
Le attrici indossano in maniera impeccabile le maschere che sono state loro affidate, i personaggi sono tracciati in maniera eccellente. Cinque donne accusate che sono costrette a lottare contro i propri sensi di colpa.
I loro nomi sono Giulietta, Ofelia, Cordelia, Desdemona e Lady Macbeth.
Andrea Ardone