“Abnegare” indica, etimologicamente, l’allontanamento e la negazione di sé. La particella “ab” indica il movimento di allontanarsi da qualcosa, il verbo “negare” indica l’azione del dire di no.
Allontanarsi dalla propria parte egoistica; se è vero, con buona pace di Max Stirner, che nessuno vive per se stesso e che, se è giusto amare se stessi non meno del prossimo, la parte di noi che va amata non è il piccolo “ego” che sempre brama qualcosa a scapito degli altri, ma il Sé luminoso che scopre e impara a desiderare ciò che è bene per il tutto di cui egli è parte.
La cultura moderna non insegna più nulla che possa equivalere al concetto dell’abnegazione: né verso la Patria, né verso Dio, né verso la famiglia o gli amici, né verso il lavoro; non insegna nulla di nulla, tranne che il perseguimento delle brame del piccolo “io”.
Oggi siamo in preda agli effetti di una pubblicità martellante e di una letteratura, di un cinema, di una musica leggera, persino di una fumettistica che battono e ribattono sempre sul tasto dei diritti, mai su quello dei doveri; sulla ricerca della felicità individuale, mai sull’apertura, sulla disponibilità agli altri, sull’abnegazione e anche, eventualmente, sul sacrificio di sé.
Come se spirito di sacrificio e abnegazione fossero delle trappole, degli inganni, nella società odierna edonista e consumista, dove solo un pazzo può pensare che sia bello sacrificarsi per qualcosa o per qualcuno.
E così che nasce la cultura del sospetto.
Ad esempiomFreud,(l’ideatore della psicanalisi insieme a Marx e a Nietzsche) era uno dei grandi “maestri del sospetto” non certo a caso; tutta la cultura dell’ultimo secolo e mezzo, infatti, si può riassumere nella formula. “Che cosa ci sarà dietro? Cosa mi si vorrebbe dare a intendere? Con quale strategia si cerca di ingannarmi?»; senza distinguere fra interlocutore leale e sleale, onesto e disonesto, sincero e bugiardo: perché, per la cultura del sospetto, tutti gli uomini senza eccezione sono fondamentalmente sleali, disonesti e bugiardi. Machiavelli sarebbe lusingato di vedere un simile trionfo della sua concezione antropologica.
I “buoni sentimenti” oramai sono di origine faziosa come la nostra verità interiore sempre sottoposta all’altalena delle cose esteriori e mutevoli: ciò che abbiamo provato, sentito, pensato, rimane per sempre, se lo abbiamo provato, sentito, pensato con assoluta lealtà e sincerità, senza cercare di apparire diversi da quel che eravamo, senza presentare una versione manipolata di noi, né agli altri né a noi stessi.
Lo spirito di abnegazione è importante, perché ci consente di capire che noi non siamo il centro del mondo; che esistono cose più grandi di noi e queste cose non sono tanto delle persone o degli oggetti provvisti di un valore materiale, ma al contrario, sono delle cose che si rivelano in noi.
La Grazia è la disponibilità a rinnegare noi stessi per amore di quelle cose, di quei sentimenti, di quei valori.
È cosa divina,una forza più grande di noi, che ci soccorre, ci sostiene, ci aiuta ad andare avanti in onore alla nostra elevazione spirituale ed intellettuale.