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L’ennesimo grido di Giada Giunti: «Mio figlio affidato al padre violento»

Anche in questa triste situazione socio-sanitaria, la giornalista non può godere della presenza del piccolo Jacopo

Redazione by Redazione
7 Aprile 2020
in Attualità
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Giada Giunti - Appello
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PaeseRoma.it pubblica l’ennesimo tentativo di una madre che ha subito la sottrazione del proprio figlio, il piccolo Jacopo. Un altri grido di dolore che Giada Giunti rivolge alle istituzioni perché questo drammatico momento storico le ridia la gioia di poter vivere col bimbo. Al momento la donna non vede il figlio da più di otto mesi e può sentirlo una volta ogni sette giorni per venti minuti.
Segue il l’accorato appello della giornalista Giada Giunti. 

 

“Un grido alle istituzioni, mio figlio affidato al padre diagnostico violento e pericoloso. Neppure il Covid-19 lo ha fermato da tanta crudeltà nei confronti del proprio figlio, pur di potare a termine il suo progetto, ossia l’annientamento della sottoscritta ex moglie.

Da dove parte il crimine efferato nei confronti di mio figlio ed il suo regime al 41 bis, imposto dalla c.d. figure istituzionali? Ci sono quattro punti cardini: la separazione di fatto, il reclamo alla Corte d’Appello da parte del mio ex marito con nomina del CTU, la questione penale, la denuncia di abbandono di minore nel circolo sportivo e l’apertura del procedimento al TM.

Il primo punto cardine accaduto a febbraio 2010, mi sono “permessa” di lasciare il mio ex marito, uomo possessivo, morbosamente geloso e lui: «Ti ammazzo, ti tolgo tutto ciò che hai, ti faccio vivere l’inferno, ti lascio senza soldi, ti tolgo tuo figlio e non te lo faccio più vedere», ben consapevole che mio figlio è la mia ragione di vita, senza il quale non posso proprio vivere.

Punto cardine numero due. Non contento delle decisioni a lui avverse in sede civile e delle denunce false nei miei confronti, propone appello alla Corte d’Appello. Attenzione. Viene nominata una consulente tecnica d’ufficio (CTU), che è stata trovata in conflitto di interessi con l’avvocato del mio ex marito e due assistenti sociali a cui la Corte d’Appello ci ha affidati. Attenzione, la CTU è consigliera nazionale del noto CISMAI! (per intenderci Bibbiano). Ci ha immediatamente obbligati ad una perizia psicologica presso la sua associazione privata a pagamento che ovviamente ha relazionare sempre il falso.

Punto cardine numero tre. Le mie denunce per stalking, maltrattamenti aggressioni non solo venivano archiviate, ma il PM del Pool antiviolenza ha inviato una sua richiesta di archiviazione (non si trattava del decreto del GIP, come “erroneamente ha scritto il giudice del TM), al giudice minorile chiedendo di valutare il mio comportamento (l’avvenuta denuncia) atteso che riteneva che le mie denunce fossero di “pregiudizio e strumentali per il minore”. La risposta è stata secca: sospensione della mia responsabilità genitoriale, così come riporta il decreto del TM del 7.7.2017 sulla base dell’invio arbitrario del PM del Pool antiviolenza, invece di difendere un bambino ed una donna vittima di violenza.

Punto cardine numero quattro, la denuncia di abbandono di minore nel circolo sportivo che ha aperto il procedimento al Tribunale per i minorenni di Roma con richiesta immediata di collocamento in casa famiglia. La Corte d’Appello invocata dal mio ex marito (febbraio 2013) invece di collocare il proprio figlio in casa famiglia come da sue richieste verbali dal 2010 e scritte in atti dal 2013, gli ha comminato il regime di incontri protetti ed ha statuito una dieta priva di glutine per mio figlio che è celiaco/intollerante al glutine (dieta che il mio ex marito tuttora non rispetta).

Questa ennesima negazione al suo progetto di annientarmi è diventato una nuova violenza nei nostri confronti tanto da programmare (dal 2013 con incarico di una nota agenzia investigativa) una denuncia di abbandono di minore nel circolo sportivo dove eravamo soci dal 2010, e per 388 c.p., sporta il 7 giugno 2014. Oltre all’abbandono (poteva semplicemente entrare nel circolo e stare con suo figlio) riteneva che gli avessi impedito di incontrare e prendere suo figlio. Diversamente gli era stato comminato il regime di incontri protetti, per cui non era la sottoscritta a dover stabile detti incontri, tra l’altro dal 2013 era la nominata CTU che avrebbe dovuto stabilire gli incontri padre-figlio. La denuncia alla Procura della Repubblica viene immediatamente archiviata (oltretutto viene riportato che un bambino di 9 anni è abbastanza grande da poter decidere con chi vuole vivere), diversamente, appena depositata con ricorso alla TM viene emanato una ordinanza urgente con richiesta di casa famiglia per mio figlio e decadenza della responsabilità genitoriale per la sottoscritta. Ebbe inizio un nuovo incubo.

Mio figlio era in pericolo di collocamento in casa famiglia, sono iniziati così i divieti alla libertà di vita di mio figlio, imposti dalle c.d. figure istituzionali per imporgli gli incontri con il “padre” di cui aveva terrore, attese anche le varie aggressioni a cui era stato presente.

Drastica diminuzione della pratica sportiva agonista dal sette volte alla settimana per tre, quattro ore (il sabato e la domenica lo frequentava tutto il giorno) a tre volte alla settimana per un’ora e mezza, divieto di ingresso nel circolo sportivo negli altri giorni comprese feste, compleanni, manifestazioni, eventi sportivi mondiali, corsi speciali, etc, divieto di ingresso in altri circoli, divieti alla partecipazione dei tornei, divieto alle vacanze, divieto di spostamenti, divieto al corso di inglese, divieto alle uscite scolastiche didattiche, divieto alle recite di fine anno, divieti vari.

Come si è espressa la Corte d’Appello con decreto del 2.1.2020 riguardo una storia molto simile alla mia, in cui vede protagonisti stessi magistrati, stesse CTU e CTP, stesso modus operandi, stesse accuse di simbiosi e PAS? La Corte dispone che il figlio resti alla mamma e non sia collocato prima in una casa famiglia e successivamente dal “padre” di cui ha paura.

Con questa sentenza la Dr.ssa Franca Mangano, Presidente della sezione famiglia e minori della Corte d’Appello di Roma, che ringrazio, ha salvato un piccolo bambino innocente.

Così riporta la Dr.ssa Mangano: “la seconda ragione sulla base della quale questa Corte reputa di non confermare il provvedimento di allontanamento e di collocamento del minore presso il padre è strettamente conseguenziale alla prima, e attiene al rilevato difetto di gradualità della misura disposta. Come già rilevato, per ricostruire una relazione padre-figlio basata sulla fiducia e sull’affetto non esistono scorciatoie normative e l’avvicinamento deve essere necessariamente graduale”.. occorre allora continuare a tentare altre strade…. …, aiutandolo così a superare la paura, sia quella dell’accesso al padre che quella di essere allontanato dalla sua vita attuale familiare”…. “Piuttosto che allontanare Il bambino dal suo mondo e inserirlo, artificialmente, in quello del padre, occorre allora che sia il padre ad essere messo in condizione, è in grado di, partecipare alla vita del bambino così come si è strutturata, una vita che correttamente la signora rivendita essere per il bambino colma di relazione di stimoli, così come attestato dalle maestre e constatato anche dagli operatori ed educatori che hanno sempre trovato il bambino a suo agio con i coetanei e con gli adulti in precedenza frequentato e prediletto e che gli sia consentito e venga anzi agevolata la sua partecipazione ad attività scolastiche ed extrascolastiche”…….. Non è difficile prevedere che la sottrazione o meglio la sostituzione del tempo per lo sport, la frequentazione dei coetanei e il tempo libero con gli incontri obbligati con il padre in un luogo ancor di più tanto neutro quanto innaturale non potrebbe costituire un grande incentivo per la relazione interrotta”…. …. A tal proposito si osserva che la CTU in entrambi i decreti del TM, emergono alcuni dati meritevoli di valutazione che non sono stati adeguatamente considerati al tribunale per i minorenni… il già pesante vissuto familiare del bambino richiede al contrario che la presenza del padre nella sua vita si pieghi e suoi orari e i suoi impegni, in modo da cominciare a ricostruire una reale funzione di accudimento quotidiano…… La bigenitorialità, evidenzia la Corte, non è un principio astratto e normativo, ma è un valore posto nell’interesse del minore, che deve essere adeguato ai tempi e al benessere del minore stesso”…. … Alla mancata autorizzazione parte del tutore che durante l’estate trascorresse dei fine settimana in compagnia di famiglia di amici fuori Roma, la mancata autorizzazione a partecipare a competizione dei giochi matematici proposti dalla scuola, alla mancata iscrizione al corso di basket …”

Tutto ciò che giustamente è stato deciso per la difesa di un bambino, nel nostro caso è stato eseguito con quella violenza che un bambino non dovrebbe mai conoscere.

Mio figlio dopo essere stato messo al regime del 41 bis, è stato prelevato da scuola da otto persone di cui cinque agenti dell’anticrimine, lo hanno preso due per le braccia, uno per le gambe e dopo tre ore di pianti e di richieste di chiamarmi, lo hanno trascinato per i corridoi e collocato in una fatiscente casa famiglia. Poi sradicato nuovamente dal suo contesto dove era cresciuto per dieci anni, portato in Toscana a casa di mia madre, poi collocato preso il “padre” diagnosticato violento e pericoloso dagli stessi tribunali, ossia colui che gli ha rovinato la sua fanciullezza. La mia accusa? la mamma è “simbiotica”, ma poi lo avrebbe abbandonato al circolo sportivo! Oggi è isolato, piange, ma si fa tanta forza che ha sempre dimostrato, chiede di tornare dalla sua mamma. Il risultato? Il mio ex marito ha ottenuto ciò per cui con un lavoro certosino mi aveva promesso nel lontano 2010, non farmi più vedere mio figlio, da otto mesi non posso abbracciarlo e tenerlo stretto tra le mie braccia, amandolo indissolubilmente.

Con precedente decreto della Corte d’Appello del 14.11.2016 e successivi, come pure l’ultimo decreto del 19.3.2020 della Corte, la protezione e la tutela di mio figlio è stata disattesa e perpetrata altra violenza da coloro che avrebbe dovuto avere il compito-dovere di proteggerci. Neppure la probante documentazione depositata in atti, comprese le violenze e richiesta di mio figlio di tornare a casa dalla sua mamma come pure la risposta del Ministro della Giustizia Bonafede all’interrogazione parlamentare dell’On. Le Veronica Giannone (che con tutte le forze, tanto coraggio e professionalità, si adopera nella difesa dei bambini) hanno scalfito il pensiero di alcune persone. Le leggi nazionali e sovranazionali non vengono rispettate, come pure le sentenze della Corte di Cassazione, vengono emesse sentenze ad personam. La riposta del decreto ai nostri atti di urgenza è stata secca, in sostanza, – stai zitta, altrimenti di collochiamo tuo figlio di nuovo in casa famiglia -. Sono più di otto mesi che non incontro mio figlio e posso sentirlo una volta ogni sette giorni per venti minuti, dopodiché il mio ex marito terrorizzandolo gli impone di terminare la telefonata. Un femminicidio in vita. Se questa è giustizia!!”

Di Giada Giunti

Tags: Lazio
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