Il calcio è quel fenomeno sportivo e sociale che unisce tutti, anche nell’irrazionalità.
La Roma giallorossa già si sfrega le mani per l’arrivo di Josè Mourinho come il nuovo Messia; il pluri-vincitore (ma anche pluri-contestato) allenatore portoghese arriverà nella capitale con un ingaggio che proprio modesto non è: 7 milioni netti a stagione più bonus incentivanti per tre anni. È inoltre verosimile che lo Special One si porti dietro un team di tecnici e preparatori con ingaggi meno lusinghieri ma pur sempre importanti; infine, quasi certa la richiesta di alcuni giocatori top-player che Mourinho certamente pretenderà dal club giallorosso.
Sin qui, normale calciomercato. C’è però un interrogativo che aleggia tra etica ed economia.
L’AS Roma che, va ricordato, è anche una società SpA quotata in borsa, ha conseguito nella stagione 2019/2020 i seguenti risultati di bilancio: debito finanziario 318 milioni di euro, debito di trasferimento 191 milioni di euro; inoltre, negli ultimi due anni ha subito un aumento di apporto di capitale da parte della proprietà per circa 210 milioni di euro.
Ora, vista la pesante situazione debitoria del club, può sembrare illogico (oltre che immorale) l’ingaggio di un allenatore come Josè Mourinho?
Questi concetti andrebbero ricordati quando una società a scopo di lucro chiede benefici fiscali oppure aiuti economici allo Stato, ovvero alla comunità, ovvero ai contribuenti.