Sicuramente,“l’amore è la sorgente dell’affinità spirituale e “l’amicizia diventa per l’artista una dimensione di lavoro e una forma d’azione” è così che prende vita: ”Identità Paretane, cultura e tradizione” la nuova mostra dei Maestri Biagio Cerbone e Vincenzo Pizzorusso; un vero e proprio “canto a due voci” – due assoli: violino e chitarra, come la Pavane di Gabriel Faurè.
Ad accogliere gli estimatori dell’Arte pittorica al PAM – Parete Art Museum (CE), Domenica 10 aprile alle ore 18:30 presso il Piano Nobile del Palazzo Ducale della cittadina, ci saranno le opere pittoriche dei due maestri campani, un mix fatto di singolari suggestioni e di contaminazioni preziose verso il “trascendentale” o, meglio dentro quella quinta aggiunta ai quattro nomi divini, che fù intuizione di Gugliemo di Alvernia, quel “pulchrum, la bellezza”, già declamata dal pensiero del vescovo giurista Dionigi l’Areopagita.
«Bellezza, ogni incanto della vita passa… resta solo eterno l’amore, causa di ogni opera buona, che sopravvive a noi, che è speranza e religione, perché l’amore è Dio» è anche il pensiero di Vincenzo Pizzorusso medico, con la vocazione dell’arte, astrattista delicato, sapiente e capace sperimentatore di tecniche e materiali, che dell’espressione di San Giuseppe Moscati ne ha fatto il principio cardine della sua vita.
Per l’artista, “creare un’opera, guardala e contemplarla è come prepararsi a un atto d’amore e di trascendenza”, lo ha dichiarato – di recente – il maestro Biagio Cerbone, per l’intervista di Buana Lima pubblicata dal periodico “Obras De Arte” della città di Curitiba del Paranà. (Brazil).
E’ importante, oggi – molto più di prima – frequentare le mostre d’Arte Moderna, è in questi contesti che si crea e, che si anima, il muto dialogo tutto interiore, tra opere e chi prova a districarsi attentamente fra forme e colori.
Immergendosi nel mondo dell’arte, s’innesca meccanicamente quel moto virtuoso che, parte dalla semplice osservazione, passa per il tentativo di carpirne e comprendere il linguaggio e, va ad interagire con la nostra cultura e la nostra anima. In questo caso, le opere diventano davvero grande stimolo, per riflettere, comprendere, confrontarsi e, per iniziare quell’intima ricerca personale; che prosegue poi non solo con il dialogo con l’umanità, ma anche con la storia appartenuta ad altri tempi e a altri luoghi.
Il “Canto a due voci” di Cerbone e Pizzorusso raggiunge l’unisono quando soffiano i venti dell’inconscio, nelle visioni del mondo onirico del sogno, del “cuore pensante” dei filosofi, nel mondo felice dei bambini. I due artisti ci invitano alla “prima” della loro bella mostra, non ha costo il biglietto d’ingresso che ci consente di visitare un nuovo mondo da scoprire. Vale per vedere da vicino l’universo più intimo e segreto situato nella regione del cuore; il tagliando ha in grassetto, sul fronte, la singolare avvertenza:”Bisogna usare le emozioni per pensare, non pensare spinti dalle emozioni. L’obiettivo è quello di arricchirmi, di nutrire occhi e mente”
Ed è questo il vero scopo di un’opera d’arte, proprio la spinta necessaria a fermarsi un istante, per riflettere e di farci ragionare, per andare oltre l’attimo dell’emozione, che è solo il primo impatto, l’istinto. E entrare, invece, per comprendere i discorsi degli artisti, che tramite i loro pensieri, le interpretazione della realtà, in realtà si prefiggono, di generare “nuove coscienze”.
Certo, a volte, l’impreparazione, fa brutti scherzi, si corre addirittura il rischio che la vista s’annebbi e, non riuscendo né a comprendere né ad apprezzare l’infinito dell’astratto contemporaneo, addirittura rifiutiamo di capire o, quasi rinunciamo.
Rinunciamo non solo, all’inizio del “viaggio” verso il nuovo e il non conosciuto; ma anche gli approfondimenti e alla conoscenza introspettiva del “tesoro che custodiamo dentro”, rinunciando a scandagliare le zone più nascoste della nostra anima.
Sforzandoci – invece – e, osservando con cura il non definito, la convulse confusioni apparenti, i miscugli di colori, la leggerezza di visioni e paesaggi indistinti, quasi incomprensibili, esaminando le sequenze di pennellate, apparentemente confuse, riusciamo a connettere i nostri occhi a quel lirismo interiore, che ci consentirà finalmente, di vedere anche con l’anima e, con il cuore.
Cerbone e Pizzorusso hanno frequentazioni e certezze comuni, hanno il dono della fortezza, che dà loro vigore in tutte le condizioni di difficoltà e, li rende determinati nella lotta per rimanere coerenti con il proprio credo …: “Gli stoici dicono: “Rientrate in voi stessi; è lì che troverete la vostra quiete”. E ciò non è vero. Gli altri dicono: “Uscite al di fuori; cercate la felicità, divertendovi”. E ciò non è vero. La felicità non è né fuori di noi, né dentro di noi; è in Dio, e fuori e dentro di noi.”
E’ proprio attraverso l’astratto che riusciamo a varcare i confini del nostro stato mentale; ed è da sempre così: “L’arte astratta permette all’uomo di vedere con la mente ciò che non può vedere fisicamente con gli occhi.”
Ecco allora che queste loro opere innanzi a noi ci facilitano il compito, sono non solamente l’invito ad aguzzare la vista e a varcare la soglia, ma anche il punto d’inizio l’inizio di nuove conoscenze e, di nuove speranze per gli esseri umani affinché corroborino il proprio spirito.
Biagio Cerbone e Vincenzo Pizzorusso hanno portato emozioni sulla tela, per farne: “Isole necessarie all’anima”, “Isole necessarie alla vita” è, così che mutano è così che si trasformano le loro opere, a volte si fanno terre di partenza – come per Colombo fu Palos De La Frontera – altre volte: molo e approdo – come fu per Enea la mitica Cuma – così è tutto necessario per ritornare ad essere quello che siamo veramente.