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Italia condannata dalla Corte di Strasburgo per non aver tutelato il diritto di visita di un genitore durante il lockdown

Il rispetto alla vita familiare e alla co-genitorialità

Giovanna Spirito by Giovanna Spirito
30 Giugno 2022
in Attualità
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La prima sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), con sentenza del 28 aprile 2022, ha riscontrato una violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo da parte dell’Italia sul diritto al rispetto della vita privata e familiare.

 

Il caso ha riguardato l’impossibilità per un papà di esercitare il suo diritto di visita a causa dell’opposizione della madre della figlia minore e della mancata adozione da parte delle autorità nazionali di misure atte a garantire tale diritto.

 

Nel presente caso, la Corte di Strasburgo ha osservato che dalla separazione dei genitori – quando la bambina aveva solo quattro mesi – le autorità non hanno adottato misure concrete e utili volte a stabilire un contatto effettivo, concedendo alla madre la libertà di scegliere unilateralmente le modalità di contatto e impedendo così l’instaurarsi di un rapporto reale tra papà e figlia (cfr. Improta c. Italia, n. 66396/14, 4 maggio 2017).

 

I giudici di Strasburgo hanno ricordato che, quando sorgono difficoltà dovute principalmente al rifiuto del genitore con il quale convive il minore di consentire contatti regolari tra quest’ultimo e l’altro genitore, spetta alle autorità competenti adottare gli opportuni provvedimenti per sanzionare tale mancata collaborazione. Nel caso di specie, i servizi sociali hanno tollerato che la madre regolasse unilateralmente i termini dei diritti di visita del ricorrente e accolto le sue richieste di incontri protetti. Successivamente, il Presidente del Tribunale ha impiegato nove mesi per decidere sulla richiesta del ricorrente riguardante i suoi diritti di visita e, quando tali diritti sono stati fissati a due ore settimanali, i servizi sociali hanno continuato a organizzare una riunione di una sola ora alla settimana fino a giugno del 2018. Di conseguenza, è stato rilevato un ingiustificato ritardo da parte delle autorità nazionali nonché la mancata esecuzione della decisione del giudice da parte dei servizi sociali.

 

Inoltre, la Corte Europea ha sottolineato che, nonostante la valutazione positiva del perito sul rapporto tra papà e figlia e le richieste dei servizi sociali di prevedere incontri liberi, il tribunale, di fronte all’opposizione della madre della minore, ha disposto una seconda perizia all’esito della quale gli incontri tra il ricorrente e la bambina potevano avvenire anche al di fuori dello spazio neutro. Tuttavia, nella sentenza di separazione è stato decretato che il ricorrente potesse vedere la figlia esclusivamente in uno spazio neutro una volta alla settimana in attesa che i servizi sociali organizzassero incontri liberi. Quest’ultima decisione, però, è stata presa tre anni dopo l’inizio del procedimento, senza tener conto dei progressi compiuti nel frattempo e senza nuove ragioni che giustificassero questa limitazione del diritto del papà ricorrente alla co-genitorialità.

 

La Corte ha poi ravvisato l’inerzia delle autorità giudiziarie ad effettuare controlli sulle attività e sulle omissioni dei servizi sociali durante il periodo di lockdown del 2020: non sono stati organizzati degli incontri nemmeno quando gli spostamenti giustificati dall’esercizio del diritto di vista erano stati autorizzati. Ebbene, le autorità non si sono avvalse degli strumenti giuridici esistenti nel quadro legislativo italiano per consentire al richiedente di esercitare i suoi diritti di visita, anche nel rispetto degli obblighi positivi che derivano dall’art. 8 della Convenzione. Dopo la fine del lockdown, il ricorrente ha potuto esercitare il suo diritto di visita in maniera molto limitata e alcuni incontri liberi sono stati organizzati dai servizi sociali, in linea con quanto stabilito dal Tribunale, solo dopo che è stata data notizia allo Stato convenuto del ricorso presentato dal ricorrente dinanzi alla Corte Europea.

 

Alla luce di quanto sopra, la Corte ha ritenuto che le autorità nazionali non abbiano posto in essere adeguati e sufficienti sforzi per garantire il rispetto del diritto di visita del padre e per garantire il suo diritto alla co-genitorialità, violando il suo diritto al rispetto della vita familiare ex art. 8 della Convenzione.

Giovanna Spirito

Giovanna Spirito

Avvocato, autrice di libri e articoli nel settore giuridico.

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