AGI – Elena è seduta su una poltrona marrone. Ha una maglia nera, gli occhiali, il respiro faticoso. Ma la voce è chiara, a tratti dolce.
La rabbia non è qui, nel palazzo di Basilea dove sta per congedarsi dalla vita. La donna che Marco Cappato ha accompagnato in Svizzera a porre fine alla sua esistenza col suicidio assistito ha lasciato un video-messaggio di quattro minuti: “Sono sempre stata convinta che ogni persona debba decidere sulla propria vita e debba farlo anche sulla propria fine, senza costrizioni, senza imposizioni, liberamente, e credo di averlo fatto, dopo averci pensato parecchio, mettendo anche in atto convinzioni che avevo anche prima della malattia. Avrei sicuramente preferito morire nel mio letto, nella mia casa, tenendo la mano di mia figlia, la mano di mio marito. Purtroppo questo non è stato possibile e quindi ho dovuto venire qui da sola”.
“Mi chiamo Elena, sono italiana e mi trovo in Svizzera. Normalmente sono riservata ma ho deciso di raccontare la mia storia – così aveva cominciato il messaggio la donna arrivata in Svizzera dal Veneto – perché penso possa essere utile ad altre persone. Circa un anno fa, all’inizio del luglio del 2021, ho avuto la diagnosi di microcitoma polmonare. Quando ho avuto la diagnosi il tumore era già di proporzioni importanti e i medici avevano detto che avrei avuto poche possibilità di uscirne e non morire, ma ho ritenuto che valesse la pena tentare”.
Un tentativo “che non è costato poco fisicamente e psicologicamente ma l’ho fatto e portato a termine. Non è stato risolto il problema e mi è stato detto che c’erano pochi mesi di vita e mi è stata descritta una situazione che via via sarebbe diventata più pesante. Non ho nessun supporto vitale per vivere, solo una cura a base di cortisone e mi restava solo di aspettare che le cose peggiorassero”.
E qui, la scelta. “Mettendo in pratica convinzioni che avevo prima che succedesse tutto questo ho deciso di valutare la possibilità di morire prima che lo facesse in maniera più dolorosa la malattia. Ho parlato con la mia famiglia e avuto la comprensione e il sostegno che potevo desiderare, però quando si è legati affettivamente si cerca sempre di procrastinare questo evento. Ho chiesto aiuto a Cappato perché non volevo che i mie cari, accompagnandomi, potessero avere delle ripercussioni legali ed essere accusati di avermi istigata a prendere una decisione che è sempre stata solo mia. Ho dovuto scegliere tra una strada più lunga che mi portava all’inferno o venire qui a Basilea e ho scelto questa seconda opzione”. Il messaggio termina con un “saluto a chi mi vuole e mi ha voluto bene”. Elena se ne va con un sorriso, tra le lacrime.