Giornalista e corrispondente inglese, Wiliam Ward, è esperto dell’Italia, e si occupa inoltre di tutto ciò che riguarda il mondo per i media italiani. Dal 2009 è corrispondente italiano per “The Arts Desk”, rivista d’arte e cultura online. Ha commentato in diretta la morte di Papa Giovanni Paolo II e l’elezione di Benedetto XVI per la BBC e Rai News 24, per LA7 il matrimonio tra Carlo d’Inghilterra e Camilla Parker Bowles, per Sky TG24 il matrimonio tra William e Kate, oltre a seguire con Lorenzo Di Las Plassas direttamente da Londra il passaggio terreno di Elisabetta II Regina.
Voce familiare al pubblico di “Mondo” (Radio 3), è stato corrispondente dal Regno Unito per “Il Foglio” fin dalla fondazione (1995) e per “Panorama” (dal 1996).
È autore di “Getting it right in Italy” edito da Bloomsbury, che è una enciclopedica analisi della società italiana tra il 1990 e il 1993.
Lo incontriamo per chiarire delle sensazioni comuni che riguardano vari argomenti di carattere politico ed economico.
Lo abbiamo visto su Rai News 24 nel commentare la crisi politica britannica, e non solo.
Questa “agitazione” mondiale secondo lei, dove porterà l’umanità?
Credo che siamo alla vigilia di un grande riassestamento dell’ordine mondiale, provocato da più fattori, non necessariamente collegati fra di loro, ma abbastanza incisivi per fare “massa critica”.
Due blocchi contrapposti e nel centro, l’Europa. Economicamente dove finiremo?
Per ora, per almeno i prossimi due anni, credo che ci saranno dei dolori per i paesi europei, sia occidentali che orientali … ma con intelligenza e vera leadership da parte dei rispettivi paesi, e una forte autodisciplina collettiva da parte dei popoli occidentali, ci si adatterà alla prossima conformazione economica, stando molti attenti a non cadere vittime dei richiami delle perfide sirene putiniane.
Le rispettive culture storiche sono servite a questa umanità?
Direi di sì, ogni popolo libero ha la cultura che più gli si confà, e considerando soprattutto le culture dei paesi occidentali liberi e democratici, ogni suo popolo deve trovare l’ispirazione e la forza per essere autodisciplinati per le numerose sfide che ci attendono.
Nell’Iran ritornerà lo stile dei Pahlavi?
Non credo affatto. C’è ora la speranza che il crudele regime degli Ayatollah venga abbattuto dai propri cittadini, ma non sarà mica per tornare ad un passato cosi anacronistico e pieno di prosopopea quale la cultura dei Pahlavi. Se tutto andrà bene, ci si potrebbe stabilire una repubblica presidenziale laica e liberaldemocratica, ma ci vorrà molto tempo per arrivare a questa meta.
William Ward
Il festival, che ha celebrato i 120 anni della storia del cinema iraniano, si concluse con la 36ma edizione dell’International Film Festival a Teheran; questo festival ritornerà a volare con il pavone?
Il cinema iraniano degli ultimi 30-40 anni è stato una delle pochissime consolazioni del crudele regime fascio-confessionale sciita. In una società persiana più libera, c’è persino il rischio che le vette del suo cinema scompaiono del tutto… Del festival di un tempo, chissà.
Deborah Young, giornalista di Hollywood Reporter, evidenziò la caratteristica del cinema iraniano dicendo che la cinematografia dell’Iran è il classico archetipo del cinema represso, per gente che non riesce a dire direttamente quello che vuol dire e che ricorre a metafore, similitudini, parallelismi. Parlano di quello di cui vogliono parlare, senza dirlo. Trova questo modo di fare film molto affascinante.
Una riflessione sulla “paura nucleare” che sta incidendo psicologicamente sulla popolazione mondiale?
La risposta giusta dei paesi occidentali – anzi, degli USA, GB e Francia, possessori delle armi nucleari – è di far capire a Putin che ogni mossa avventuristica sua con le minacce atomiche sarà più che equiparata dalla risposta occidentale. A persuadere Putin che poteva invadere l’Ucraina a febbraio di quest’anno era il suo calcolo che dopo il ritorno disastroso delle truppe occidentali da Kabul nell’agosto del 2021 fortemente voluto da Biden, l’Occidente non avrebbe risposto a questa invasione russa. Quindi la debolezza di Biden è stata uno dei meccanismi che ha portato a questa tragedia. Ora anche alla casa Bianca, sanno che devono fare in modo che nessun malinteso fra le democrazie occidentali e la Russia putiniana si ripeta mai più.