“Spaccaossa”, film rivelazione delle Giornate degli Autori alla Mostra del Cinema di Venezia, sarà nelle sale italiane dal 24 novembre, distribuito da Luce Cinecittà. Regista e protagonista Vincenzo Pirrotta, autore anche della sceneggiatura con Ignazio Rosato e il duo Salvo Ficarra e Valentino Picone. Gli altri interpreti: Selene Caramazza, Ninni Bruschetta, Giovanni Calcagno, Filippo Luna, Aurora “Rori” Quattrocchi, Simona Malato, Maziar Firouzi, Rossella Leone e Luigi Lo Cascio. Il lungometraggio è stato prodotto da Attilio De Razza e Nicola Picone per Tramp Limited, con Rai Cinema. E con il contributo di: Regione Siciliana-Assessorato Turismo Sport e Spettacolo, Sicilia Film Commission, MiC- Direzione generale cinema e audiovisivo, Agenzia per la Coesione Territoriale, Sensi Contemporanei.
In un magazzino abbandonato, alcuni uomini introducono dei pesi da palestra dentro un trolley che poi fanno precipitare dall’alto di un’impalcatura direttamente sul braccio teso della vittima di turno, dopo averla anestetizzata con del ghiaccio. Scopriamo così che esiste un’organizzazione di “spaccaossa” con ruoli ben definiti: Vincenzo (Pirrotta) recluta le vittime in cambio di una piccola percentuale: è una pedina del racket, spregiata e sottopagata come i disperati che adesca, disoccupati, indebitati con gli strozzini o – come Mimmo (Filippo Luna) – semplicemente ansiosi di festeggiare con sfarzo la prima comunione della figlia, con tanto di cantante neomelodico in affitto; Francesco (Ninni Bruschetta) mette in scena i finti incidenti e recluta falsi testimoni e la moglie Maria (Simona Malato), che è l’unica persona a provare compassione per queste anime dannate (e corpi rotti) che si ritrova a dover accudire in casa sua; Michele (Giovanni Calcagno) si occupa delle pratiche burocratiche per l’assicurazione; Fasulina (Maziar Firouzi) è l’esecutore materiale delle fratture.
Vincenzo, il protagonista, è duro ma non spietato. Uno dei mutilati più recenti, Machinetta (Luigi Lo Cascio) lo ricatta: è disposto a firmare le pratiche per l’indennizzo solo se riceverà più soldi. Vincenzo non riesce a imporsi sul “cliente” ribelle, e per questo, la banda lo emargina. Nel frattempo, Vincenzo si lega sempre di più a una giovane tossicodipendente, Luisa (Selene Caramazza), una ragazza fragile e sola che l’uomo accoglie in casa sua. Lei vede in lui una possibilità di riscatto, tra i due sembra nascere un amore, ma il loro futuro è un buco nero: “Siamo due senza arte né parte, siamo nessuno mischiato col niente”, le dice Vincenzo, che comincia a non incassare più la sua percentuale e rimane a corto di soldi. Deve trovare al più presto qualcuno da rompere, e così (su suggerimento della sua amata e perfida madre, incarnata da Aurora Quattrocchi) chiede a Luisa di prestare il suo braccio per la prossima truffa. Una richiesta mostruosa tanto quanto il dilemma (se accettare o meno) è lacerante. Luisa non sarà la sola a soffrire per questa storia miserabile che coinvolgerà anche un’altra persona a lei cara (Mimmo) e che la getterà nella più grande disperazione. Ma già la moglie di Mimmo (Patrizia, Rossella Leone), come in un coro da tragedia greca, aveva compreso prima di tutti come sarebbe andata la vicenda.
“La cupa vicenda degli Spaccaossa – racconta il regista Vincenzo Pirrotta – mi accompagna da quella mattina in cui una notizia di cronaca del giornale radio dell’alba ha conquistato i miei pensieri arrivando ad assumere le fattezze di un cancro da espellere. Per farlo sentivo forte la necessità di raccontarlo. Intanto perché avveniva nel ventre molle di Palermo, la mia città, con tutto il suo feroce incanto, e poi perché man mano che mi addentravo nella storia di cronaca, dapprima per curiosa voglia di sapere e poi con il bisogno di sfogliarne i sostrati, avvertivo sempre più in me la sensazione di compiere una discesa agli inferi. Da sempre mi occupo di teatro civile e pensavo di farne un’opera teatrale: è stato poi Salvo Ficarra a convincermi che la storia aveva tutti i crismi per diventare un film. E ho cercato di farne un film pasoliniano, con la speranza che questa caratteristica venga fuori”.
Una vicenda come Spaccaossa che nasce e si propaga nel ventre molle di una madre città come Palermo aveva bisogno, per la colonna sonora del film, di una voce e una musica che avessero in esse tutto il carico vitale, l’essenza dello spasimo, l’ossessione dello spettro feroce del gesto delittuoso, e dunque è stato per me naturale rivolgermi ad Alessio Bondì che ha fatto crescere la sua arte, con le potenti vampate di poesia che vibrano nei vicoli della città, ma che, soprattutto, ne esprime l’incanto nella lingua che anch’io ho scelto per il film e che è il siciliano perché come non poteva esserci una lingua diversa per far parlare i protagonisti del film allo stesso modo non poteva esserci una lingua diversa per la canzoni che lo abitano.
E poi c’è lo squarcio bellissimo della voce di Giuni Russo, palermitana cresciuta a Borgo Vecchio uno dei quartieri simbolo di Palermo e uno dei quartieri dove abitavano dei membri della banda. Ho scelto “o vos Omnes” per accompagnare la sequenza che precede la morte di uno dei disperati, la voce sublime di Giuni ha il compito però di inchiodare lo spettatore alla poltrona, di chiamarlo in causa, di dirgli quello che stiamo raccontando ti appartiene, di puntare il dito contro di esso e dirgli con le parole della canzone che sono tratte da un brano della Bibbia, (libro del profeta Geremia lamentazioni Cap. 1 vers. 12) dimmi, quello che vedi non è dolore? “O vos omnes qui transitis per viam, attendite et videte si est dolor sicut dolor meus”. (O voi tutti che passate per la via,considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore).
Certamente, l’autore della fotografia Daniele Ciprì dà a Palermo una luce diversa da quella che è nell’immaginario comune. È come se la città fosse ricoperta dal manto nero dell’Addolorata. E alla fine, né spaccaossa né ossa spaccate ne escono vincenti. Né vincitori né vinti, in una storia che non lascia speranza se non quella di un riscatto cristologico.
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di Marcello Strano