Il leader della Democrazia Cristiana si è spento serenamente a casa. Avrebbe compiuto gli anni l’8 dicembre. È sopravvissuto come persona alle mannaie di Tangentopoli, ma non altrettanto politicamente. Negli anni che hanno seguito la fine della Prima Repubblica non si è mai proposto come testimone per riscattare almeno parzialmente la narrazione di quella Storia durata fino al cosiddetto CAF, acronimo composto anche grazie al suo cognome: Craxi Andreotti Forlani. Creato politicamente da Amintore Fanfani, il suo comportamento, sempre dimesso e sempre distaccato dai polemismi più incandescenti, non poteva più far parte dell’agire politico attuale.
Segretario della Democrazia Cristiana nel quadriennio 1969-1973 ed in seguito nel triennio 1989-1992. Presidente del Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, in predicato di essere eletto presidente della repubblica, deve essere titolata a Forlani la fine del governo di “non sfiducia” che fino al 1980 ha previsto la presenza indiretta del Partito Comunista nelle grandi manovre di governo. In questo modo buttò fuori la sinistra Dc con la componente di Andreotti per aprire a un viatico nuovo per il quale fu presidente del Consiglio con la coalizione DC, PSI, PSDI e PRI. Rieletto segretario al diciottesimo congresso, con De Mita presidente del Consiglio. L’equilibrio coi socialisti durò fin quando Leoluca Orlando da Palermo si fece sostenere da una maggioranza col PCI, escludendo il PSI. Era il 19 maggio 1989. De Mita si dimise. A Forlani l’onere di tenere insieme i pezzi fin quando si insediò nuovamente Giulio Andreotti, sempre col PSI. Ed è lì che la pubblicistica nazionale inventò l’acronimo: CAF, che sta per Craxi, Andreotti e Forlani.
Nel ’92 finiscono tutti i giochi con l’inizio di una fase nuova propiziata dalle inchieste della magistratura che gradualmente incarcerano molti esponenti della Dc e del Psi. Il 5 aprile 1992 la Dc ebbe un’ulteriore debacle del cinque per cento. L’ultimo governo pentapartito di Giuliano Amato serviva per governare il salvabile imperversando una forte crisi economica determinata dalla flessione del settore edilizio. Finisce così l’età di Forlani che nell’ottobre del 1992 si dimette da segretario. E’ rimasto in Parlamento fino alle famose elezioni del 1994 poi esce di scena. Era entrato nel 1958.
La sua carriera conobbe anche la disavventura della condanna nel processo Enimont a due anni e quattro mesi di reclusione per finanziamento illecito. Con l’affidamento al servizio sociale ha espiato la pena.