Difficile stabilire come quando e se se finirà questo conflitto. Certo, la cessazione delle ostilità non può esser aiutata solo dalle dichiarazioni. Tanto più che al momento se ne danno solo di belligeranti. A cominciare delle ritorsioni su Gaza. Niente forniture di elettricità, acqua e carburante a Gaza. L’area rimane sotto assedio di Israele, ma lo è da sedici anni. Si inasprirebbero fortemente le contromisure di Israele per un’area che è sempre stata un problema per lo stato che non ha mai vissuto lunghe fase di tranquillità – anche se mai tensive come questa dopo l’attacco di Hamas.
Lo stato di assedio pare la linea scelta dal governo israeliano. Così ha detto il suo ministro della Difesa. Yoav Gallant ha descritto i palestinesi come “popolo bestiale”. Certo, non si aspettava il fioretto in questa situazione ma i colpi di machete che arrivano in reazione fanno presagire un finale pieno di belligeranze. Sempre avversi all’occupazione di Gaza gli organismi internazionali delle nazioni unite essendo riconosciuta quella porzioni di territorio come facente parte dello stato della Palestina. D’altro canto – si risponde da Israele – facile pontificare quando gli attentati più efferati proprio da lì sono orditi. In un clima di guerra ad esser presidiati debbono esser innanzitutto i confini.
In ballo c’è il concetto di popolazione civile che dovrebbe essere messa al riparo dai conflitti militari. Ma il problema resta è il fatto che in questa guerra perdurata non si distingue perfettamente la differenza tra un miliziano, un militare, un assoldato tra il popolo e uno spontaneo proteso ad attentati terroristici. Il nemico può arrivare ovunque.
L’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha dichiarato che dignità e vita delle persone deve essere preservata e a disinnescare l’esplosivo presente in ogni dove. WHO (Organizzazione mondiale della sanità) ha chiesto un corridoio umanitario nella Striscia di Gaza dove sono state attuate offensive militari senza risparmiare ospedali e presidi sanitari.
Hamas, d’altro canto risponde con la rappresaglia nei confronti degli ostaggi. Ma non si conosce se questa pratica sia già iniziata. Secondo Israele sono stati colpiti duecento centri terroristici di Hamas presenti a Rimal e Khan Yunis. Ed anche qui il solito balletto delle dichiarazioni trionfalistiche di obiettivi militari raggiunti come fossero gol che poi l’arbitro smentisce o ridimensiona nelle specificità, saranno il quadro che ci accompagnerà a lungo.