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Israele: tra guerre e pace, una lotta per la sopravvivenza

Dalle battaglie militari ai tentativi di mediazione, il complesso percorso di Israele tra conflitti e speranze di pace duratura

Alberto Zei by Alberto Zei
18 Maggio 2024
in Attualità, Esteri, Eventi
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Israele: tra guerre e pace, una lotta  per la sopravvivenza
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La storia di Israele attraverso le guerre è una testimonianza della sua determinazione a sopravvivere e prosperare in un ambiente regionale ostile. Attraverso conflitti e sfide, Israele ha dimostrato la sua forza militare e la sua capacità di proteggere i propri interessi nazionali. Tuttavia, queste guerre hanno anche lasciato un’eredità di dolore e divisione, sottolineando l’importanza di cercare soluzioni diplomatiche e di promuovere la pace nella regione del Medio Oriente.

Riflessione  sulle cause – È frequente riflettere su come la situazione attuale avrebbe potuto essere evitata con il classico gioco dei “se” e dei “ma“. Il conflitto in Israele poteva essere prevenuto se fossero state adottate misure tempestive nel  momento giusto, a seguito delle segnalazioni dei servizi speciali israeliani. La tattica araba ha iniziato con una serie di falsi allarmi su minacce incombenti rivelatisi poi inesistenti. Ma  la astuta  mossa tattica araba per scatenare questo evento, ha avuto inizio, come detto,  con una serie di falsi allarmi che ricordano in qualche verso, la nota storiella su minacce inesistenti del pastorello e il lupo fino a quando il lupo è arrivato davvero. È così che la preparazione all’attacco delle forze palestinesi, avvantaggiate dalle intricate reti di cunicoli scavati come formicai sotto il terreno, ha permesso un assalto improvviso e coordinato agli insediamenti israeliani, con tutte le conseguenze devastanti che ne sono derivate.

Rapimento Strategico – L’ esito  cruciale dell’offensiva palestinese è stata la morte di oltre  1200   coloni israeliani negli  avamposti degli insediamenti e il rapimento  di circa 250 persone. Questa mossa si è rivelata decisiva, influenzando profondamente lo sviluppo del conflitto riposto nella speranza di liberare i rapiti  di cui una parte è ancora tenuta prigioniera in territorio palestinese. Tutto ciò ha notevolmente influenzato la risposta militare  israeliana che  invece di concentrarsi esclusivamente sulla rivendicazione delle frontiere,  ha dovuto moderare  il contrattacco cercando di evitare, per quanto possibile, di causare danni ai prigionieri utilizzati come scudi umani nei punti strategici.

Pressioni interne – Oltre ai familiari e ai parenti direttamente coinvolti nella liberazione degli ostaggi, c’è stata una crescente richiesta di una parte significativa della popolazione israeliana per una soluzione pacifica. Questo elemento ha ulteriormente influenzato lo svolgimento del conflitto, accentuando le condizioni, i metodi e le precauzioni adottate, allo scopo di evitare ulteriori gravi perdite umane sia degli ostaggi che dei palestinesi. Il tempo però per queste precauzioni non ha giocato a favore di Israele nel ripristinare almeno una fittizia stabilità attraverso una tregua cauta per entrambe le parti. L’opportunità sarebbe stata ipotizzabile, ma l’attacco eseguito con il sequestro di un così gran numero di persone ha  complicato ulteriormente la situazione, rendendo difficile raggiungere anche una fittizia stabilità. Tuttavia, proprio per i cittadini israeliani sopravvissuti e ancora segregati in territorio palestinese, c’è una crescente inclinazione a mettere da parte le aspirazioni di ritorsione per cercare invece la liberazione degli ostaggi. In questo contesto emergono altre condizioni che entrambe le parti avevano difficoltà a prevedere, ma che ora, con il senno di poi, appaiono abbastanza evidenti. Per i palestinesi, gli ostaggi rappresentano una speranza di salvezza, poiché l’opinione pubblica internazionale condiziona la loro liberazione alla sospensione del conflitto; conflitto che invece si traduce in una distruzione sistematica del territorio palestinese e nel grave deterioramento delle condizioni di vita per un numero esorbitante di civili, portati al limite della sopravvivenza a causa delle difficoltà di approvvigionamento alimentare. In analogo modo, in Israele, oltre ai familiari e ai parenti direttamente coinvolti nella liberazione degli ostaggi, un numero crescente di persone estranee ai rapimenti  si schiera con manifestazioni contrarie alle necessità militari israeliane, condizionando ulteriormente così la strategia dell’esercito israeliano nel proseguimento delle operazioni previste.

Vincoli del conflitto – Questi continui richiami alle finalità dei sequestrati sensibilmente condizionano la conclusione della guerra per entrambe le parti. Israele si trova nell’impossibilità di cedere dopo aver intrapreso una significativa azione di ritorsione, poiché gli ostaggi sembrano condizionare in modo più che proporzionale il bilancio bellico impietoso dei combattenti israeliani caduti in battaglia. Si percepisce come se per questi ultimi il pericolo di morte nel conflitto, in qualità di combattenti sia più  tollerato rispetto a quello dei cittadini sequestrati.

Conclusione – La storia di Israele è stata quella di un travagliato percorso di un popolo che, attraverso i millenni, si è ritrovato insieme grazie alla sua intrinseca compattezza, soprattutto nelle avversità. Comunque, se l’attuale divisione interna, indipendentemente per quale decisione , non rappresenta un nuovo principio di saggezza, allora questa divisione ricorda la storia di Annibale, che non fu sconfitto da Roma ma dalla mancanza di unità all’interno di Cartagine.                                     .

Alberto Zei

Alberto Zei

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