di Angelo Nardi – da ilNardi.it
Ironia epocale. Parallelamente all’eccesso di anidride carbonica che si disperde in aria tanto da causare- secondo un nutrito parere – gli effetti dell’attuale crisi nelle temperature della Terra, conosciamo anche la sua crisi nel mondo della produzione. L’effetto sarà quello per cui non avremo acqua gassata, se la condizione non dovesse sbloccarsi. La ditta di imbottigliamento Sant’Anna, una delle più grandi in Europa, ha dichiarato che oramai possono vendere acqua gassata solo andando a prelevare dai depositi perché la base produttiva oramai è ferma.
Attraverso l’Ansa sempre dallo stabilimento Sant’Anna di Cuneo fanno sapere: “Davvero un anno terribile, tra rincari di energia e materie prime, siccità, difficoltà a trovare personale. Manca tutto – conclude con amarezza l’amministratore Alberto Bertone – sembra di essere in pieno dopoguerra”.
La contraddizione dei nostri tempi è quella per cui di un elemento per cui si dichiara tanta abbondanza in natura sussiste contemporaneamente altrettanta scarsità nel mondo della produzione. Quasi che produzione e natura viaggiassero in mondi paralleli che non si incontrano mai e non possono incontrarsi.
La prima obiezione che viene da fare è che uno degli assi è falso. Non avendo alcun interesse la casa di imbottigliamento di acqua nel lamentare un problema inesistente, c’è da chiedersi se nell’ambiente sussista effettivamente questa grande emissione di anidride carbonica.
Ma volendosi discostare da ogni dietrologia e volendo invece considerare entrambe le asserzioni vere, si scopre l’esatta fenomenologia del pericolo. Questo non sta mai nell’oggetto di interesse in sé: l’anidride carbonica. Quanto invece nella sua capacità di disporre, di gestirne di averne in relazione ad esigenze o bisogni. Quando l’elemento sfugge dalle quantità di interesse diventa momento di disagio.
Ed è una considerazione, questa, che postula un altro elemento di riflessione riguardante cioè la centralità dell’uomo, inteso come umanità, in ogni sua considerazione. Ben diversi dalle considerazioni storicistiche per cui il dibattito nei nostri tempi si è disarcionato dalla dimensione dell’uomo al centro dell’universo per spostare questo asse di interesse alla natura, al pianeta, all’ecosistema. Un problema invece sussiste fin quando interessa consumi, stili di vita, quindi produzioni che ne garantiscono la disponibilità.
E in fondo anche la natura, l’ecosistema, la Terra consistono nel nuovo imperativo etico solo perché debbono garantire l’esistenza umana, non sussiste nessun imperativo categorico del terzo millennio. Coincidenza vuole che il tema della produzione – come produciamo, in quali quantità, per quali bisogni, con quali effetti sull’ecosistema – continuano a ritornare come tormentone e non prescindono da qualsiasi considerazione economicistica.
L’acqua minerale, così come l’aria che respiriamo o il riscaldamento della Terra che viviamo, non hanno eccezione. Tutto entra come una variante di produzione. Ma nessuno osa dire che questo può rappresentare il riscatto del pensiero di Marx. Semmai, nuovamente, l’incapacità di non porsi come centrali in ogni considerazione sull’esistente.