«L’allarme suscitato nel Partito Democratico per il calo dei consensi registrato negli ultimi sondaggi sulle intenzioni di voto dei cittadini ripropone il tema della capacità dello stesso di rappresentare la fase nuova che si è aperta nel Paese dopo la crisi economica che dura da oltre dieci anni.
Un allarme comprensibile per le difficoltà che la sinistra riformista incontra in tutto il mondo occidentale ma che deve poter riproporre i valori della sua storia (egualitarismo, tutela sociale del lavoro e dei cittadini meno abbienti, partecipazione democratica). A ragione si teme che questa condizione colpisca anche quello che dovrebbe essere il maggior partito della sinistra italiana, il Pd.
In particolare il tema di una politica che operi per l’uguaglianza si pone in termini nuovi poiché essa non corrisponde più alle aspettative della società italiana se viene intesa come allineamento di condizioni diverse rispetto a quelle storiche; oggi questo concetto deve essere pensato come reale impegno di chi ha responsabilità politica a tutela della dignità della gente, dell’altro ed in qualunque contesto si operi. Un obiettivo di grande attualità per gli squilibri che la lunga crisi ha accentuato aumentando il numero delle persone in condizioni di povertà e disagio, inseparabile dal riconoscimento e dalla valorizzazione del merito e della competenza di una adeguata classe politica senza la quale non potrà esserci un reale progresso e nessuna espansione futura.
Questi ultimi Governi hanno dato delle risposte, in particolare sul tema del lavoro. Il punto dirimente è quanto esse siano state percepite dai cittadini come corrispondenti alla nuova fase storica e non subalterne alla logica finanziaria. Pur in un diverso contesto, il tracollo del Partito Socialista francese e il ridimensionamento dei socialdemocratici tedeschi ci dice quanto la subalternità finanziaria sia deleteria per la sinistra e possa essere reale il pericolo d’un giudizio negativo degli elettori.
La valutazione su queste macro questioni può trovare un’ulteriore certezza se nei comuni e nelle province, come nel caso di Frosinone, il Partito Democratico è virtuale e non reale ovvero ruota intorno a pochissimi esponenti che non si preoccupano dei problemi locali (dalle crisi aziendali, all’ambiente e al sociale) come dimostrano i pessimi risultati che da anni questo partito raccoglie nelle elezioni amministrative ( ci viene il dubbio che questi risultati siano dagli stessi rappresentanti locali appositamente studiati e voluti ).
Al momento vi è un bel gran da fare da parte di coloro-sempre gli stessi- che puntano ai ben più gratificanti e personalissimi incarichi regional-nazionali che quello di riprendere i contatti reali con un elettorato trascurato da anni ( elettori messi in aspettativa ?) e con le criticità reali del territorio ritenendo, in mala fede tra l’altro, che l’elettorato gli rimarrà fedele. Le prossime elezioni ci diranno molto sulla provincia frusinate e anche quanto questo modo d’intendere il ruolo di un partito sia ancora ascrivibile ad un pensiero di sinistra e ai suoi valori o solo ascrivibile a quattro ciarlatani che del bene comune ne hanno fatto un fischietto per le allodole trasformandolo in una piccola proprietà privata».
Giuseppina Bovaviri