Il 3 febbraio la chiesa cristiana celebra San Biagio. Oggi, molti fedeli accorrono alla famosa “benedizione della gola”, che si svolge in numerose chiese d’Italia. Ma il nome di San Biagio evoca molto di più. Ce lo spiega Domenico Sarsale, professore di Storia e Lettere, che da anni si occupa di storia e tradizioni locali, argomenti per i quali conta diversi studi e pubblicazioni. Oggi residente a Montopoli di Sabina, la sua passione nasce già dal paese natale, Maratea. Dalle reliquie di San Biagio, conservate in moltissime chiese d’Europa, alle ‘leggende’ e ai prodigi che lo riguardano, Sarsale ci conduce in un appassionante percorso fatto di scoperta, prodigi, storia e tradizioni.
Nonostante il costante allontanamento dalla nostra tradizione mitologica, quello di San Biagio è un culto ancora molto sentito, che rappresenta un patrimonio della nostra cultura millenaria. “Questo santo ha implicazioni ricchissime, straordinarie. E’ una delle figure più interessanti della tradizione cristiana –commenta Sarsale- che appartiene alle chiese orientali come alla chiesa latina”. Tra le particolarità che il professore sottolinea, il fatto che nel mondo cristiano ortodosso San Biagio sia famoso per le sementi e come protettore degli animali. Nella letteratura cristiana è il primo santo che parla con il lupo, prima di San Francesco d’Assisi.“Il culto di San Biagio è interessantissimo, da qualsiasi angolo lo si prenda. Basta pensare che è legato innanzi tutto alla respirazione, una funzione vitale, e all’alimentazione. C’è poi l’antichità del culto: risale almeno al V secolo e ha origine nella Cappadocia o Armenia Minore”.
Il nome è tra le prime peculiarità. “Il nome Biagio in qualsiasi dizionario di onomastica italiano si fa derivare dall’aggettivo latino blaesus che significa ‘balbuziente’ e che deriva dal greco blaisos. Anche se questo gioco di parole ha influito, il nome di San Biagio negli antichi documenti è stato da sempre Blasios non Blaisos. All’origine nasce greco il nome, la passio stessa, il racconto della vita, dei miracoli e del martirio di San Biagio, sono tutti ispirati alla simbologia che deriva dal suo nome. Il nome Blasios è per un greco antico il riportare al participio passato del verbo blastano che significa ‘buttar fuori’, ‘germogliare’. E’ quindi ‘il germogliato’ con tutt’altra implicazione di significati e di simboli. Il germoglio del grano, delle piante, della vegetazione. E’ anche un santo della vegetazione. Nella leggenda, infatti, San Biagio, per sottrarsi alle persecuzioni e per continuare a guidare la comunità di Sebaste, di cui era stato eletto Vescovo, si rifugia nelle selve. E’ il santo legato alla semina, al pane che poi si riconduce all’alimentazione, alla gola, alla lisca di pesce che esce dalla bocca del bambino, e che lo ha poi fatto diventare il santo patrono della gola perché è il santo che libera dal soffocamento e quindi da tutto ciò che è impedimento per germogliare, per venir fuori e dagli ostacoli anche esistenziali, dalle angosce”.
Questo è il periodo dei raffreddamenti, dei mal di gola, non a caso il nome di San Biagio ricorre in questi giorni. “Fino a qualche generazione fa, la prima causa di decimazione della popolazione era la mortalità infantile che avveniva soprattutto per difterite, un male tipico della gola. San Biagio ha protetto la procreazione, simbolicamente e per chi ha fede realmente: ci ha fatti esistere ancora, ci ha dato vita, quindi è il santo che dà la vita”.
Accanto alla mitria, al pastorale, al manto simbolo del vescovo e alla palma del martirio, nell’iconografia di San Biagio ricorre il cardo. “E’ l’attrezzo usato per cardare la lana e infatti diventerà anche il protettore dei lanaioli e dei cardatori di lana. Questo strumento sarebbe servito ai carnefici per torturare San Biagio che sarebbe stato ‘cardato’: questo fa riferimento anche a quella particolare sensazione, quel disagio che si ha quando i bronchi sono infiammati, come se il petto fosse stato cardato. L’immagine comunque più diffusa è San Biagio che benedice la gola ad un bambino”.
La tradizione di San Biagio è ancora molto sentita in Italia, e ci sono delle peculiarità che non si conoscono. “Roma è arrivata ad avere anche nel basso Medioevo una quindicina di chiese dedicate a San Biagio. Il problema più grande degli abitanti di Roma nel Medioevo erano le inondazioni del Tevere, quindi il soffocamento e l’annegamento: proteggendo dal soffocamento, San Biagio protegge anche dall’annegamento. E’ stato un compatrono di Roma per secoli”.
Anche nella Sabina il nome di San Biagio ha molta importanza. “La zona della bassa Sabina o Sabina teverina, tiberina, di per sé già la dice tutta ricollegandoci con Roma e con il significato che lì aveva San Biagio. Il santo è comunque legato alle acque, sia in quanto acque pericolose che come acque salutifere, come quelle termali”.
Le reliquie di San Biagio si trovano un po’ dappertutto nelle chiese d’Europa. “A Maratea, su una montagna prospiciente il mare, si conserva il torace di San Biagio e, poiché non ce ne sono copie, probabilmente già questo costituisce un segno di autenticità. All’epoca in cui sarebbe avvenuta la traslazione a Maratea c’era un laura di monaci basiliani italo greci. Le reliquie stavano per essere trasportate verso Roma. Si racconta che l’imbarcazione con a bordo degli armeni che le trasportavano, di notte sarebbe arrivata al largo di Maratea e bloccata da una forza misteriosa, una tempesta o una bonaccia, al che questi trasportatori si fermarono su un isolotto al largo portandovi le reliquie. Di notte gli abitanti che stavano in cima al monte videro una luce e così pare che i naviganti vedessero questa stessa luce che proveniva dal monte verso il mare. Alla fine si incontrarono e queste reliquie furono trasportate sul monte e lì sono rimaste per sempre.
La cosa più interessante della presenza di San Biagio a Maratea è la manna. “Dall’urna delle reliquie di San Biagio trasuda di tanto in tanto un’acqua oleosa documentata da secoli. Per questo fenomeno prodigioso papa Pio IV concesse un’indulgenza plenaria perpetua a chi avrebbe visitato San Biagio nella prima domenica di maggio parificando così questo piccolo santuario alle basiliche romane e a Santiago di Compostela. A maggio si celebra la festa che ricorda la traslazione delle reliquie e quindi il legame diretto di San Biagio con quel posto, per nove giorni a partire dal sabato che precede la prima domenica di maggio. Per controversie sorte nel 1780 tra i parroci di Maratea superiore e inferiore ancora oggi la statua del Santo viene trasportata incappucciata”.
Alessia Latini