
L’Italia è diventata da diversi anni Paese di approdo per migranti provenienti da varie parti del mondo. In particolare gli anni ’80 -’90 hanno visto flussi migratori differenti, da una parte quello del Maghreb, dall’altra quello asiatico, dalle Filippine, Cine, Sri Lanka, seguiti e incrementati negli ultimi anni quelli da Bangladesh, Pakistan e India.
Roma è diventata il fulcro di tante etnie, ma in particolare di quella bengalese, non a caso viene definita la quarta capitale del Bangladesh, dopo Dhaka, Calcutta e Londra, infatti i dati del Secondo Rapporto del 2011 risulterebbero 26.599 cittadini bengalesi residenti nella Capitale. Il quartiere di Torpignattara, a Roma, tra il Parco degli Acquedotti e la Via Prenestina, è stato definito dalla comunità stessa “Bangla Town” ovvero “Città Bengalese”, per la numerosa presenza che conta sino a 5 mila persone. Infatti, se un primo momento la migrazione era prettamente maschile, attualmente la stabilità economica dei bengalesi, ha permesso di fare attraverso i ricongiungimenti familiari di chiamare le proprie mogli e i propri figli. Quindi parliamo di migranti stabili che peraltro contribuiscono all’economia del Paese. Tra tutte le comunità asiatiche residenti a Roma, peraltro, quella del Bangladesh risulta essere una di quelle più numerose ad intraprendere un’attività.
Ogni famiglia migrante, così, nel nuovo Paese è un nucleo a sé, un microcosmo, a casa si continua a parlare la propria lingua, a cucinare i piatti tipici, in cerca di quell’identità che “è rimasta a casa”. Le nuove generazioni spesso si trovano in un via di mezzo tra le due culture e in disaccordo con le prime generazioni, a cavallo tra le due culture. Da una parte forse c’è la voglia di conservare i propri usi e costumi e dall’altra l’incapacità di conservarle in un Paese come l’Italia diverso culturalmente dal Bangladesh.
Sebbene la comunità in un certo senso cerchi la coesione interna, dall’altra prova anche a far conoscere la propria cultura. E’ proprio qui che si collocano i festeggiamenti della Pohela Boishak, ovvero del capodanno civile bengalese che segue un calendario lunare.
Il capodanno si svolge a Roma da ben 16 anni grazie all’Associazione Dhummcatu e ogni anno ospita migliaia e migliaia di visitatori, anche italiani, che decidono di trascorrere una serata diversa all’insegna dell’intercultura. Per la comunità bengalese questa è una delle poche occasioni che ha per incontrarsi al dì fuori delle mura domestiche.
I festeggiamenti solitamente si svolgono all’interno di un parco, quest’anno la festa verrà inaugurata il 1 maggio, all’interno del centro sportivo di Via di Casal Bertone n. 1, e durerà fino al 5 maggio. Sarà possibile assaggiare cibo tipico, assistere a spettacoli musicali di canto, di danza e a sfilate di moda con abiti tipici.
Proprio per far comprendere la ricchezza, il bagaglio culturale e soprattutto come l’immigrazione possa essere un momento di crescita per tutti, l’Associazione Italia-Bangladesh Villaggio Esquilino Onlus organizza il giorno dell’inaugurazione, il 1 maggio, un itinerario guidato da un mediatore culturale che durante la festa vi permetterà di conoscere la Storia del loro Paese, la diaspora e la migrazione, il cibo, i tessuti e le persone che organizzano e partecipano attivamente ogni anno a questo evento.
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di Katiuscia Carnà
a cura di Silvia Buffo