Una delle caratteristiche spesso poco considerate di una città multiforme come Roma è la sua anima internazionale nell’accezione più ampia del termine, dovuta non solo alla presenza di uno stato estero come la città del Vaticano o di numerose ambasciate ma anche di realtà come la John Cabot University, la più importante università americana in Italia.
L’ateneo fondato nel 1972 e che prende il nome dall’esploratore italiano Giovanni Caboto, al quale si deve nel 1497 la scoperta del Canada, dispone di 14 corsi laurea in ambito economico, umanistico e politico e tre campus nel cuore di Trastevere, che accolgono studenti provenienti da oltre 80 paesi.
Una realtà accademica e culturale preziosa per la Capitale, presieduta dal 2005 da Franco Pavoncello, e che è cresciuta notevolmente negli ultimi anni anche in virtù di una fitta rete di partnership con oltre 650 aziende italiane ed internazionali.
Uno degli artefici di questa crescita ed in particolare della costruzione di rapporti stabili tra la John Cabot University ed il mondo del lavoro, mirati ad offrire concrete opportunità ai giovani, è Antonella Salvatore che dal 2010 insegna marketing e sviluppo competenze, ed è direttore del Centro di Career Services e Continuing Education (Alta formazione e avviamento alla carriera).
Professoressa Salvatore ci racconta le tappe salienti della sua storia professionale?
Dopo la laurea magistrale in Economia e Commercio presso l’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti e gli studi di marketing presso la Leeds Metropolitan University ho conseguito un Master in Business Administration e un Advanced Diploma in Human Resources Management presso la London School of Business and Finance. Ho lavorato per aziende come Fila, Sixty, Paul & Shark, Calvin Klein e Bialetti occupandomi su scala internazionale di gestione dei mercati retail, definizione dei contratti di distribuzione, apertura di filiali e franchising. Ho inoltre svolto consulenza e formazione a quadri e dirigenti in ambito marketing e retail.
E poi è arrivata la John Cabot. Quali le principali differenze tra mondo accademico e mondo aziendale?
Credo che un professionista proveniente dal mondo aziendale che si trovi ad operare in una università non debba applicare le proprie competenze solo in un’ottica di profitto puro e semplice ma avere sempre come stella polare lo sviluppo delle qualità e delle caratteristiche della persona. Uno degli aspetti più belli del mio lavoro è sicuramente quello legato al tirar fuori dai giovani i loro punti di forza, le basi sulle quali andranno a fondare futuro e carriera. Il ruolo che ricopro mi piace molto perché unisce conoscenze e sensibilità provenienti da esperienze diverse. In un certo senso sono una figura particolare e un po’ ibrida.
Quali sono le maggiori difficoltà dei ragazzi italiani nel trovare lavoro?
La prima e più importante difficoltà che i ragazzi devono affrontare è proprio quella di entrare in contatto con il mondo del lavoro. Il secondo problema è dovuto alla mancata corrispondenza tra i posti di lavoro disponibili e le competenze richieste per ricoprire quei ruoli. E’ per questo che è necessario un dialogo costante tra università e mondo del lavoro che possa aiutare gli atenei ad inserire percorsi di studio innovativi e nuove materie. In Italia si sente la mancanza di un approccio un po’ trasversale. Non è detto che chi studia economia debba necessariamente fare il commercialista. L’approccio anglosassone in questo è più flessibile e permette di rispondere meglio alle esigenze concrete della società.
Quali sono le peculiarità della John Cabot?
Il network con oltre 650 aziende partner è un nostro punto di forza insieme ad un approccio che aiuta i giovani a contaminarsi prendendo contatto, attraverso la doppia laurea, con due percorsi di studio che non hanno apparentemente nulla in comune ma che permettono di costruire un profilo mirato a sfruttare sbocchi professionali esistenti sul mercato. Non possiamo inoltre dimenticare il nostro spiccato approccio internazionale con studenti provenienti da 80 paesi diversi e partnership innovative come quella con il primo Forum Italiano dell’export che ha dato vita ad un master inedito in “Export, Made in Italy e mercati internazionali” che ha riscosso subito un grande successo.
Come sono cambiati gli studenti universitari della John Cabot in questi anni?
Le ultimissime generazioni hanno un orientamento imprenditoriale molto più spiccato, questo è evidente ed in John Cabot cerchiamo di assecondarlo con percorsi di studio specifici ed un’attenzione particolare nel mettere insieme teoria e laboratori.
Quale è la cosa che la inorgoglisce di più nell’ambito del suo percorso in John Cabot?
Quando sono arrivata c’erano solo 50 aziende partner ora sono 642 e il centro di alta formazione non esisteva ma forse la soddisfazione più grande consiste nel vedere ex alumni assumere con soddisfazione giovani che hanno compiuto un percorso di formazione all’interno della John Cabot.
Quali sono gli obiettivi che si pone da qui a 5 anni?
Il mio obiettivo principale è aiutare l’ateneo ad ampliare costantemente i propri contatti con il mondo del lavoro creando insieme alle aziende dei percorsi di studio sempre aggiornati e che possano supportare i ragazzi nel soddisfare richieste delle imprese in continuo mutamento. Purtroppo ancora troppi giovani con titoli di studio elevati, come ha recentemente ribadito la ricerca del Censis sulla situazione sociale del paese, lasciano l’Italia per cercare fortuna all’estero. E’ un’emorragia che non possiamo più permetterci perché la competizione tra mercati è serrata e si gioca soprattutto sulle competenze, le capacità personali, la capacità di adattarsi ad un mondo complesso. Nei prossimi 5 anni spero di dare il mio contributo per provare a cambiare questo stato di cose.
E’ anche per questo che ha fondato l’Osservatorio Cultura Lavoro….
Si, è un progetto al quale tengo molto, nato dal mio libro “Stressati o sdraiati? Solo in cerca di Lavoro” Consigli per giovani disorientati (Franco Angeli) e dalla voglia di portare fuori dall’università l’esperienza maturata per metterla a disposizione di un pubblico più ampio possibile. L’Osservatorio è una testata giornalistica online consultabile al link http://www.osservatorioculturalavoro.com intorno alla quale si riunisce una community di esperti ed ha l’obiettivo di favorire l’orientamento al lavoro e ridurre la povertà educativa, con pubblicazioni e attraverso seminari e incontri, in collaborazione con soggetti pubblici e privati. L’Osservatorio raccoglie i punti di vista di manager, imprenditori, docenti, professionisti e under 30 in 3 aree strategiche per il futuro del nostro paese: lavoro, formazione, cultura.
Quali sono i progetti futuri dell’Osservatorio?
Molti ragazzi italiani purtroppo non sanno scrivere il proprio CV in modo corretto ed infatti il nostro paese ha uno dei più alti livelli di disoccupazione giovanile in area OCSE, il più basso tasso di laureati in Europa e un numero elevato di N.E.E.T. (Not in Education, Employment, Training) ossia di persone che non studiano, non lavorano e non si specializzano. E’ per questo che nei prossimi anni l’Osservatorio intende continuare a portare nelle scuole la cultura del lavoro, aiutando i giovani ad interfacciarsi non solo con le imprese ma con il mondo che li circonda per valorizzare le proprie capacità. Tra i nostri obiettivi c’è una collaborazione sempre più stretta con le istituzioni per aiutarle a coinvolgere maggiormente i giovani che spesso si sentono abbandonati dal Sistema Paese. Una situazione non più sostenibile ed in presenza della quale qualsiasi prospettiva di crescita economica e sociale è impossibile
di Emidio Piccione